Le nuove regole europee in materia di classificazione dei debitori in “default” stabiliscono criteri e modalità più stringenti rispetto a quelli finora adottati dagli intermediari finanziari italiani – bancari e non – e sono sentite come una “trappola” per PMI, lavoratori autonomi e famiglie, già in difficoltà per la crisi pandemica.
L’intervento finalizzato a mettere in sicurezza il sistema bancario ha preso avvio nel lontano 2006 con la pubblicazione della Capital Requirement Directive ed è giunto a fornire una nozione uniforme della condizione di default del debitore nel 2013 con la Capital Requirement Regulation (CRR).
Il processo è atto ad armonizzare la regolamentazione prudenziale sia avuto riguardo ai requisiti patrimoniali sia nell’ottica di garantire condizioni di parità tra le istituzioni finanziarie e le diverse giurisdizioni dei Paesi europei.
L’art. 178 del CRR citato ha sancito le condizioni essenziali in presenza delle quali un debitore possa considerarsi in stato di default:
- si ha un default oggettivo – c.d. past due – se il debitore è in arretrato di oltre 90 giorni avuto riguardo ad un’esposizione creditizia (capitale, interessi ed eventuali commissioni) nei confronti dell’intermediario
- e un default soggettivo – unlikely to pay – se l’intermediario giudica improbabile che il debitore riesca ad adempiere integralmente alle sue obbligazioni creditizie senza procedere all’escussione delle garanzie che assistono il credito.
Acclarata la sussistenza di un default oggettivo esso rileverà se superiore a certe “soglie di rilevanza” uniformi per tutta l’UE e distinte in ragione della natura della controparte (clientela retail, a cui per certi versi sono equiparate le PMI e clientela non retail).
La soglia di rilevanza è caratterizzata da una componente relativa pari all’1% dell’esposizione complessiva del debitore (capitale, interessi e commissioni) per qualsiasi tipologia di controparte (prima era del 5%) e da una componente assoluta pari a € 100,00 per le esposizioni al dettaglio (persone fisiche e PMI) ed € 500,00 per le altre esposizioni (imprese).
Può considerarsi in default un’esposizione che abbia superato entrambe le componenti per oltre 90 giorni consecutivi.
Tale arretrato farà scattare la segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia che automaticamente inserirà l’imprenditore o la persona fisica nell’elenco dei cattivi pagatori, impedendo di fatto l’accesso al credito.
Diversamente dal passato, con l’introduzione di questo nuovo regolamento, non sarà più possibile impiegare disponibilità presenti su altre linee di credito per compensare gli inadempimenti in essere ed evitare la classificazione in default (ad esempio utilizzare linee di cassa per compensare rate di finanziamenti).
Ne consegue che la banca sarà tenuta a classificare il cliente come in default anche in presenza di disponibilità su altre linee di credito non utilizzate. In linea generale, la classificazione dell’impresa in stato di default, anche in relazione ad un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le sue esposizioni nei confronti dell’istituto di credito.
Per uscirne dovranno trascorrere almeno 3 mesi dal momento in cui non sussistono più le condizioni per classificare l’impresa in default ovvero 1 anno avuto riguardo ai clienti sottoposti a ristrutturazione del debito (e in tal caso il cliente abbia rispettato o stia rispettando il piano o l’accordo), fermo restando che oggetto di valutazione della banca sarà pur sempre la condotta e la complessiva situazione finanziaria del debitore, con ritorno in bonis solo qualora questa sia ritenuta stabile in modo effettivo e permanente.
Il cliente tornato in bonis non ha, in ogni caso, diritto all’automatica cancellazione della posizione di residuo arretrato dalla Centrale Rischi e nei Credit Bureau privati.
È anche possibile addivenire ad una dichiarazione di default con riferimento a clienti che, pur non avendo arretrati rilevanti da oltre 90 giorni, non siano – a parere dell’intermediario – in grado di adempiere le obbligazioni assunte se non attraverso l’escussione delle garanzie prestate a copertura del credito, ovvero, in caso di posizione creditoria unsecured, non siano ritenuti in grado di adempiere puntualmente le obbligazioni assunte.
La normativa fa riferimento altresì al c.d. “contagio del default”. In caso di obbligazioni congiunte, se il rapporto cointestato è in default il contagio si estende alle esposizioni dei singoli cointestatari e specularmente se tutti i cointestatari sono in default il contagio si estende automaticamente alle esposizioni oggetto della cointestazione.
Ciò anche alla luce del fatto che ora, se un cliente viene qualificato come in default presso una società del gruppo bancario, tale qualificazione si estende a tutte le società del gruppo.
Si stima che la normativa che entrerà in vigore nel 2021 metterà in difficoltà moltissime piccole e medie imprese italiane, che già hanno problemi di liquidità e sottocapitalizzazione a causa dell’emergenza sanitaria ancora in corso.
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