Studio Legale Pagano & Partners

Un lutto e la non corretta gestione del patrimonio hanno causato il sovraindebitamento di un’anziana donna

Ottiene, dal Tribunale di Brescia, dopo 4 anni, l’esdebitazione.

Una donna anziana, nell’arco della sua vita, aveva accumulato un debito che ammontava a circa 300mila euro. Debiti nei confronti di istituti di credito per due ipoteche volontarie sugli immobili di sua proprietà, rate di mutuo, fido di conto e tributi non versati.
Dopo la morte del marito, purtroppo, non riusciva più a far fronte alle spese relative alla gestione del patrimonio familiare e, per questo, non faceva altro che accumulare debiti su debiti.

La situazione per lei peggiorava quando i creditori iniziavano ad aggredire i suoi beni: l’immobile in cui abitava diventava oggetto di una procedura esecutiva, l’INPS iniziava a trattenere una parte cospicua della pensione di reversibilità del defunto marito nonché una parte della sua pensione di vecchiaia.

Decideva, quindi, di rivolgersi allo studio legale che a fronte della situazione descritta e dopo averne valutato la fattibilità, optava per una delle procedure di sovraindebitamento, nello specifico la liquidazione ex art. 14 ter L. n. 3/2012, ora disciplinata dal Codice della Crisi come liquidazione controllata del sovraindebitato (ex art. 268 CCII).

Qualche cenno sull’attuale procedura.

La Liquidazione controllata del sovraindebitato.

Il Codice della crisi riserva la procedura di liquidazione controllata a specifiche categorie. Si tratta del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo e della start up innovativa e ad ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, che si trovi in stato di crisi o di insolvenza.
Sostanzialmente, si tratta di una liquidazione giudiziale semplificata che si instaura con ricorso al tribunale competente.
Può essere promossa:
– dal debitore, ammesso direttamente alla procedura controllata, o per conversione in tutti i casi di risoluzione o revoca della procedura di sovraindebitamento;
– dai creditori, che possono attivare la procedura direttamente anche in pendenza di procedure esecutive individuali, o per conversione nei casi in cui la procedura di sovraindebitamento sia stata revocata per frode o inadempimento;
– dal PM, direttamente quando l’insolvenza riguarda un imprenditore minore o per conversione nei casi in cui la procedura di sovraindebitamento sia stata revocata per frode o inadempimento.
Se è lo stesso debitore ad avviare la procedura, deve essere assistito dall’Organismo di Composizione della Crisi. Esso predispone una relazione che valuta la completezza e l’attendibilità della documentazione inerente al debitore. La relazione contiene un’analisi della situazione economica, patrimoniale e finanziaria che ha condotto alla crisi o all’insolvenza.
Se il creditore propone domanda nei confronti di un debitore persona fisica, il giudice nega l’apertura della liquidazione controllata se l’OCC, su richiesta del debitore, attesta che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie.
La liquidazione comporta la messa a disposizione di tutti i beni del debitore al fine soddisfare i creditori attraverso la distribuzione delle somme ricavate.
Nella liquidazione entrano anche i beni sopravvenuti al debitore nei quattro anni successivi all’apertura della procedura. È fatto salvo quanto necessario per un dignitoso tenore di vita del debitore e della propria famiglia, secondo quanto stabilito dal tribunale.
Con la sentenza di apertura del procedimento il Giudice nomina il liquidatore, che generalmente è l’OCC che ha assistito il debitore nella presentazione della domanda o, in caso di giustificati motivi, lo sceglie nell’elenco dei gestori della crisi.
Il liquidatore giudiziale esercita le azioni di recupero dei crediti, le eventuali azioni revocatorie, aliena i beni e distribuisce il ricavato ai creditori.
L’apertura della procedura comporta il blocco di tutte le procedure esecutive e cautelari; gli eventuali giudizi di cognizione sono, su autorizzazione del giudice, proseguiti dal liquidatore.

L’esdebitazione

Con la chiusura del procedimento di liquidazione controllata, il debitore ottiene di diritto l’esdebitazione.
Qualora la procedura non si sia chiusa entro i tre anni dalla sua apertura, l’esdebitazione può essere pronunciata dal tribunale dietro domanda del debitore.

Il provvedimento qui allegato, che riguarda la storia raccontata sopra, è un decreto di esdebitazione.
A fronte di un debito di circa 300mila euro, la donna aveva messo, in procedura, per 4 anni, a disposizione dei creditori:
– due immobili, di cui uno oggetto di procedura esecutiva;
– quote di altri immobili di sua proprietà;
– la quota parte dei canoni affitto;
– la somma mensile relativamente alla pensione di reversibilità del defunto marito;
– l’ulteriore somma mensile relativamente alla pensione di vecchiaia;
– il rimborso Irpef.

Oggi, a seguito del deposito della relazione finale da parte del liquidatore e della chiusura del conto corrente della procedura, il risultato è l’esdebitazione, ovvero la cancellazione di tutti i debiti non soddisfatti in procedura.

Ecco il provvedimento del Tribunale ex art. 14 terdecies L. n. 3/2012: “Il Tribunale (…) così provvede: dichiara inesigibili nei confronti di (…) i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente nell’ambito della procedura di liquidazione del patrimonio (…)”.

L’attivo superava di poco i 180mila euro, pertanto, una volta giunta al termine della procedura, poiché la donna ha rispettato quanto prescritto, ha potuto beneficiare dell’esdebitazione stralciando circa 120mila euro di debito residuo.

Un risultato che le permette oggi di tornare a vivere libera dai debiti!