Lo studio Legale Pagano & Partners descrive un successo in forza del neonato codice della crisi e dell’insolvenza.
Questa è una storia di debiti come tante altre, ma che, con l’aiuto di professionisti, si è trasformata in un lieto fine. Partiamo proprio dalla fine: il Tribunale di Milano dispone l’apertura della liquidazione controllata per una mamma di due figli titolare di partita Iva e di un debito dell’ammontare pari a circa 200.000 euro contratto principalmente con l’Agenzia delle entrate.
La cliente dello Studio Pagano & Partners svolgeva un’attività lavorativa ben remunerata e sicura ma tale da sottrarle troppo tempo agli obblighi familiari che ne invocavano la presenza.
Per questo motivo, nel 2004, apriva partita Iva buttandosi a capofitto in una nuova avventura lavorativa.
Nello stesso anno, purtroppo, il marito perde il lavoro e ciò lo rendeva sempre più inattivo, demotivato e talvolta pure aggressivo.
Da quel momento, le spese per il mantenimento della famiglia gravavano in toto sulla moglie e i bambini, ancora piccoli, avevano bisogno di tante attenzioni che il papà non si dimostrava intenzionato a dare.
Anche questo portava al divorzio che prosciugava la donna sia dal punto di vista economico che mentale. Pagare le tasse relative alla partita Iva diventava sempre più difficile.
A ciò si aggiungeva un’altra problematica. Nel 2017 il figlio minore dimostrava un sempre crescente disagio sociale. Cambia più istituti scolastici, e necessita di cure psicologiche e psichiatriche, a cui, soprattutto in periodo di restrizioni Covid, si aggiungevano problemi con la giustizia. Da ciò derivavano oneri finanziari importanti che la madre doveva sostenere da sola. La situazione debitoria nei confronti del Fisco si aggrava.
Anno dopo anno, mora dopo mora, il debito arrivava fino a 200.000 euro.
E’ a questo punto che la donna decide di rivolgersi a professionisti e bussa alla porta dello Studio Legale Pagano & Partners. A fronte della situazione descritta, gli avvocati valutano la possibilità di avvalersi degli istituti di cui al Codice della Crisi in materia di sovraindebitamento. Optano per una liquidazione controllata del sovraindebitato.
La Liquidazione controllata del sovraindebitato
Il Codice della crisi riserva la procedura di liquidazione controllata a specifiche categorie. Si tratta del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo e della start up innovativa e ad ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, che si trovi in stato di crisi o di insolvenza.
Sostanzialmente si tratta di una liquidazione giudiziale semplificata che si instaura con ricorso al tribunale competente.
Può essere promossa:
- dal debitore, ammesso direttamente alla procedura controllata, o per conversione in tutti i casi di risoluzione o revoca della procedura di sovraindebitamento;
- dai creditori, che possono attivare la procedura direttamente anche in pendenza di procedure esecutive individuali, o per conversione nei casi in cui la procedura di sovraindebitamento sia stata revocata per frode o inadempimento;
- dal PM, direttamente quando l’insolvenza riguarda un imprenditore minore o per conversione nei casi in cui la procedura di sovraindebitamento sia stata revocata per frode o inadempimento.
Se è lo stesso debitore ad avviare la procedura deve essere assistito dall’Organismo di Composizione della Crisi. Esso predispone una relazione che valuta la completezza e l’attendibilità della documentazione inerente al debitore. La relazione contiene un’analisi della situazione economica, patrimoniale e finanziaria che ha condotto alla crisi o all’insolvenza.
Se il creditore propone domanda nei confronti di un debitore persona fisica, il giudice nega l’apertura della liquidazione controllata se l’OCC, su richiesta del debitore, attesta che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie.
La liquidazione comporta la messa a disposizione di tutti i beni del debitore al fine soddisfare i creditori attraverso la distribuzione delle somme ricavate.
Nella liquidazione entrano anche i beni sopravvenuti al debitore nei quattro anni successivi all’apertura della procedura. E’ fatto salvo quanto necessario per un dignitoso tenore di vita del debitore e della propria famiglia, secondo quanto stabilito dal tribunale.
Con la sentenza di apertura del procedimento il Giudice nomina il liquidatore, che generalmente è l’OCC che ha assistito il debitore nella presentazione della domanda o, in caso di giustificati motivi, lo sceglie nell’elenco dei gestori della crisi.
Il liquidatore giudiziale esercita le azioni di recupero dei crediti, le eventuali azioni revocatorie, aliena i beni e distribuisce il ricavato ai creditori.
L’apertura della procedura comporta il blocco di tutte le procedure esecutive e cautelari; gli eventuali giudizi di cognizione sono, su autorizzazione del giudice, proseguiti dal liquidatore.
Con la chiusura del procedimento di liquidazione controllata, il debitore ottiene di diritto l’esdebitazione.
Qualora la procedura non si sia chiusa entro i tre anni dalla sua apertura, l’esdebitazione può essere pronunciata dal tribunale dietro domanda del debitore.
A fronte di 2.900 euro di spese fisse per il sostentamento familiare e dei 2.600 euro di retribuzione mensile, cui vanno aggiunti 800 euro di retribuzione del nuovo marito, la procedura liquidatoria si avvale di:
- TFR percepito pari a circa 10.000 euro;
- un’autovettura del valore di circa 17.000 euro;
- redditi da lavoro dipendente futuri compatibilmente con le spese per il sostentamento familiare;
- importo giacente sul conto corrente pari a circa 7.000 euro.
All’esito favorevole della procedura di liquidazione controllata si accompagnerà la liberazione dai debiti contratti e non soddisfatti.
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