L’articolo 2086 del codice civile, che impone l’obbligo di adottare adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, è stato introdotto in un contesto normativo volto a prevenire le crisi aziendali, piuttosto che a disciplinare la loro gestione post-liquidatoria. L’obbligo in questione si configura come una misura preventiva, destinata ad evitare il dissesto dell’impresa, attraverso l’adozione di una struttura organizzativa interna che consenta all’imprenditore di monitorare in modo costante l’andamento dell’attività, adottando decisioni informate e tempestive. In tale ottica, il legislatore ha posto come elemento cardine della riforma concorsuale il concetto di continuità aziendale, ossia la capacità di mantenere in vita l’impresa attraverso l’implementazione di strumenti di composizione della crisi, ancor prima che la stessa evolva verso un irreversibile stato di insolvenza.
La mancata adozione degli adeguati assetti da parte degli amministratori, ossia del top management aziendale, comporta un complesso e severo sistema sanzionatorio. La legge prevede tale sistema proprio al fine di scoraggiare comportamenti improntati all’inottemperanza dell’obbligo normativo e per incentivare l’assunzione di misure volte a garantire una gestione più solida, affidabile ed efficiente dell’impresa. In caso di inadempimento degli obblighi previsti dall’articolo 2086 c.c., gli amministratori possono essere chiamati a rispondere innanzitutto a titolo di responsabilità civile, nei confronti della società, dei soci e dei creditori, qualora la cattiva gestione sia riconducibile a una gestione imprudente e negligente, in cui la mancata previsione e attuazione degli adeguati assetti abbia avuto un ruolo determinante nel determinare la crisi d’impresa.
Occorre precisare che, con il termine gestione non si intende esclusivamente la gestione ordinaria dell’impresa, bensì anche la gestione straordinaria, che implica la capacità dell’amministratore di intervenire tempestivamente, adottando le necessarie misure correttive, in caso di segnali di crisi dell’impresa. Se, infatti, il dissesto aziendale, ossia la perdita di continuità aziendale o la crisi finanziaria, è frutto della carenza di una struttura organizzativa interna adeguata, l’amministratore potrà essere ritenuto responsabile per il risarcimento dei danni causati dalla propria inadeguata gestione.
In taluni casi, la negligenza degli amministratori nell’adozione degli adeguati assetti può sfociare in responsabilità penale. Si tratta, in particolare, di situazioni in cui si verifichi un grave inadempimento da parte degli amministratori, o una gestione fraudolenta dell’impresa, che provochi un danno patrimoniale significativo ai creditori. In queste circostanze, la condotta degli amministratori può configurare i reati di insolvenza fraudolenta o bancarotta fraudolenta, ai sensi dei vecchi articoli 216 e 217 della Legge Fallimentare, nel caso in cui si accerti che l’amministratore non si sia dotato di adeguati assetti, agendo con dolo, al fine di danneggiare i creditori e di trarre un vantaggio personale o per altre finalità illecite. In tali ipotesi, la responsabilità penale si aggiunge a quella civile, con le conseguenti sanzioni, che possono includere la reclusione e l’interdizione dalle attività commerciali, nonché il risarcimento dei danni causati dalla condotta illecita.
In determinati contesti aziendali, come nelle grandi imprese o nelle società quotate, è previsto un controllo esterno da parte di professionisti indipendenti, quali il revisore legale dei conti, o da parte di organi di controllo collegiali, come il collegio sindacale. Tali organi sono incaricati di verificare la correttezza e l’adeguatezza degli assetti organizzativi e contabili adottati dalla società. In caso di riscontro dell’assenza degli adeguati assetti, l’organo di controllo ha l’obbligo di informare l’amministrazione dell’impresa, evidenziando l’importanza fondamentale di tali assetti per il buon funzionamento dell’impresa stessa e per la prevenzione di eventuali crisi.
Se, nonostante la segnalazione dell’organo di controllo, gli adeguati assetti non venissero adottati, quest’ultimo è tenuto a trasmettere la segnalazione ad altri organi competenti, in particolare:
- L’assemblea dei soci, che ha il potere di adottare decisioni sulla governance e di revocare gli amministratori, qualora ritenga necessario intervenire per evitare il deterioramento della situazione aziendale;
- Il tribunale, nel caso in cui la mancata adozione degli assetti dovesse dar luogo a una crisi irreversibile o a situazioni di insolvenza, con l’attivazione delle procedure concorsuali:
- Le autorità di vigilanza, come la Consob per le società quotate e la Banca d’Italia per gli istituti bancari, qualora la violazione degli obblighi di governance e degli assetti riguardi società operanti nei settori regolati;
- Infine, l’autorità giudiziaria, in caso di sospetta sussistenza di reati, qualora emergano comportamenti fraudolenti o dolosi da parte degli amministratori.
In conclusione, l’obbligo di adottare adeguati assetti, sancito dall’articolo 2086 c.c., rappresenta uno strumento fondamentale per la prevenzione delle crisi aziendali, e la violazione di tale obbligo comporta gravi conseguenze, sia di natura civile che penale. L’organo di controllo, chiamato a vigilare sul corretto adempimento di tale obbligo, ha un ruolo cruciale nel garantire che le imprese operino in modo trasparente e responsabile, intervenendo tempestivamente per evitare che la mancata adozione degli assetti degeneri in situazioni di crisi irreversibile o addirittura fraudolenta.