Studio Legale Pagano & Partners

Liquidazione controllata senza cessione della quota societaria: considerazioni giuridiche

Con sentenza dell’11 novembre 2024, il Tribunale di Reggio Emilia, Sezione Procedure Concorsuali, ha consolidato un orientamento giurisprudenziale che, pur non essendo prevalente, si inserisce nell’ambito dell’applicazione delle disposizioni relative alle procedure di liquidazione controllata dei beni per imprenditori in stato di crisi o insolvenza.

Nel provvedimento che ha aperto la liquidazione giudiziale, il Tribunale ha accolto quanto da noi richiesto nella proposta liquidatoria, stabilendo nel dispositivo che: “la somma mensile percepita dal debitore a titolo di utili distribuiti mensilmente da tale ultima società che non è compresa nella liquidazione, è pari ad euro ***”. In tal modo, il Tribunale ha escluso dal patrimonio liquidabile del debitore la quota societaria che gli consente di percepire regolarmente utili.

La proposta liquidatoria da noi avanzata aveva infatti richiesto al giudice di non procedere alla liquidazione della quota societaria detenuta dal debitore, socio lavoratore, al fine di garantire un maggior soddisfacimento dei creditori mediante l’esecuzione di ulteriori lavori da parte del medesimo, pur mantenendo la sua partecipazione societaria, che gli consentiva di ottenere un ritorno economico utile tanto al soddisfacimento dei creditori quanto al sostentamento del proprio nucleo familiare.

Anche se non escluso completamente dalla legge è, tuttavia, necessario osservare che l’esclusione della quota societaria detenuta dal debitore dalla procedura di liquidazione è una prassi alquanto inusuale. Infatti, la ratio sottesa agli istituti delle procedure di sovraindebitamento è che il debitore debba mettere a disposizione dei creditori l’interezza del suo patrimonio, fatta salva quella parte che gli consenta di garantire i bisogni primari suoi e del proprio nucleo familiare. In tale contesto, l’esclusione di una quota societaria potrebbe apparire contraria a tale principio, a meno che non ricorrano particolari circostanze che giustifichino un trattamento differenziato.

Nel caso in cui un debitore sia titolare di una quota societaria, infatti, la cessione della stessa può essere disposta o imposta in diverse circostanze, come previsto dal Codice della crisi e dalla giurisprudenza consolidata. Le principali fattispecie in cui tale cessione diviene obbligatoria o consigliabile sono molteplici, ossia, a titolo esemplificativo:

  • Se la quota societaria detiene un valore economico che può essere realizzato per soddisfare le obbligazioni verso i creditori, il curatore o il tribunale potrebbe ordinare la cessione della stessa, ritenendola parte del patrimonio liquidabile. Questo avviene quando il valore della quota può essere utilizzato per ottenere risorse sufficienti a far fronte ai debiti del debitore;
  • Se il debitore è anche il principale operatore della società e la sua partecipazione è fondamentale per la gestione o per il futuro della stessa, ma non è possibile trovare una soluzione che consenta la continuità senza compromettere la sua posizione, il giudice può ordinare la cessione della quota per evitare conflitti di interesse e per permettere una gestione più fluida della liquidazione;
  • Se il debitore non collabora adeguatamente con il curatore nella procedura di liquidazione, ad esempio nascondendo beni o impedendo la vendita delle quote societarie, il tribunale potrebbe disporre la cessione forzata della quota societaria come misura di coercizione;
  • Se il piano di liquidazione presentato dal debitore prevede la conservazione della quota societaria ma, nel corso della procedura, si verifica che tale piano non consente di soddisfare in maniera adeguata i creditori, il tribunale può ordinare la cessione della quota societaria per garantire una maggiore liquidità da destinare ai creditori;
  • In alcuni casi, la quota societaria potrebbe non avere un valore immediatamente liquido e, se non viene venduta o trasferita, potrebbe ostacolare la procedura di liquidazione. In tali situazioni, il tribunale può disporre la cessione della partecipazione per evitare che la stessa rimanga inutilizzata o venga sottovalutata, garantendo così una maggiore realizzazione del patrimonio.

Numerose pronunce della Corte di Cassazione e dei tribunali ordinari hanno consolidato l’orientamento secondo cui, nella procedura di liquidazione controllata, il patrimonio del debitore deve essere gestito in modo razionale e finalizzato alla massimizzazione del soddisfacimento dei creditori. Ad esempio, la sentenza n. 10629 del 10 maggio 2017 della Corte di Cassazione ha ribadito che, qualora la quota societaria del debitore abbia valore e possa essere liquidata per generare risorse, è legittima la sua cessione, anche se il debitore riveste la qualifica di socio lavoratore, poiché l’obiettivo della liquidazione è la soddisfazione dei creditori, e pertanto tutte le risorse patrimoniali, incluse le partecipazioni societarie, devono essere prese in considerazione.

Similmente, la sentenza n. 11288 del 17 maggio 2018 Cassazione Civile ha trattato il tema della cessione delle quote societarie nell’ambito delle procedure concorsuali, stabilendo che, quando le partecipazioni societarie hanno valore economico e rappresentano una risorsa per il patrimonio del debitore, queste devono essere incluse nella liquidazione, anche se il socio ha un ruolo attivo all’interno della società. La Corte ha specificato che la cessione di tale quota è necessaria per il corretto adempimento della procedura concorsuale e per evitare che il debitore possa continuare a esercitare un’influenza economica a danno dei creditori.

Che cosa ha spinto, dunque, il Tribunale di Reggio Emilia a pronunciarsi in tal modo?

In merito alla sentenza del Tribunale la specifica motivazione alla base dell’esclusione della quota societaria dalla liquidazione risiede nel fatto che questa rappresentava, per il debitore, l’unica ed esclusiva fonte di sussistenza, consentendo al nucleo familiare di mantenere uno stile di vita dignitoso. In assenza di altre fonti di reddito, la decisione del Tribunale appare in linea con una giustizia che tiene conto delle specificità del caso concreto, pur se tale soluzione si distacca dalla prassi comune. L’orientamento del Tribunale di Reggio Emilia conferma un’applicazione elastica degli strumenti di gestione del sovraindebitamento, che si adattano alle concrete esigenze del debitore, senza rigidità di natura formale.

Infatti, se le sentenze citate corroborano l’orientamento secondo cui la cessione della quota societaria è, di norma, un atto obbligatorio nell’ambito della liquidazione giudiziale, è giusto che in presenza di eccezioni giustificate e di motivazioni rilevanti questa sia esclusa dal patrimonio liquidabile.

La decisione finale, ad ogni modo, dipende dalla valutazione del giudice che deve considerare gli interessi dei creditori, la situazione economica e patrimoniale del debitore e le possibili alternative di soddisfacimento. Se la quota societaria non contribuisce in modo significativo al patrimonio liquidabile o se il suo mantenimento non nuoce agli interessi dei creditori, il giudice può decidere di escluderla dalla liquidazione.