Studio Legale Pagano & Partners

Il Tribunale di Milano dichiara nullo il contratto in derivati, condannando la banca convenuta al pagamento di oltre € 270mila

Il Giudice meneghino si è espresso favorevolmente nei confronti della società attrice soffermandosi sul Mark to Market (MtM)

Un nuovo successo in materia bancaria per lo Studio Pagano & Partners.

La società cliente, attrice nel giudizio, aveva stipulato con la banca convenuta un contratto di finanziamento a tasso indicizzato per l’importo di 2 milioni di euro per la realizzazione di un impianto fotovoltaico.

Nel procedimento, queste le più rilevanti doglianze attoree:

  • inesistenza e/o nullità del “contratto” I.R.S, per violazione dell’art. 117 TUB e degli artt. 1325, 1326, 1350, e 1418 c.c., per mancato perfezionamento difettando l’accettazione della proposta d’ordine nonché per indeterminatezza degli elementi del rapporto, mai concordati tra le parti e ancora per mancanza della sottoscrizione da parte dell’istituto di credito;
  • la società sottolinea che il contratto di I.R.S. stipulato con la banca è stato concluso da “cliente al dettaglio” non qualificato e di conseguenza lamenta che l’operazione finanziaria sia stata del tutto non adatta ai suoi profili ed esigenze;
  • ancora il contratto di I.R.S. non ha nessuna funzione di copertura dei rischi e quindi nessuna funzione “assicurativa” per l’innalzamento dei tassi di interessi versati con il finanziamento sottoscritto dall’attrice;
  • non sussiste alcun equilibrio tra le alee assunte nel contratto di derivato, non potendo le stesse essere qualificate come razionali e consapevoli;
  • il contratto di I.R.S., ha assunto, nel momento della proposta della società, un valore di mercato (mark to market) negativo per il cliente (non par), valore che non è stato parificato dall’elargizione da parte della Banca di up front iniziale, con conseguente squilibrio finanziario del medesimo contratto;
  • avendo il contratto alla stipula un MtM negativo, la Banca avrebbe dovuto versare una somma diretta a riequilibrare il profilo economico delle operazioni, così da ridurre il margine lordo a favore della banca;
  • il contratto di I.R.S., ha assunto, quindi, al momento della proposta formulata dall’attrice, dei costi o commissioni implicite mai quantificate dalla banca;
  • il contratto di I.R.S. ha mantenuto per tutta la durata un mark to market negativo per il cliente con conseguente pagamento di soli differenziali negativi;
  • ne è conseguita, a parere della società, l’indeterminatezza/indeterminabilità del contratto di derivato I.R.S., e per l’effetto la sua nullità per mancata pattuizione dell’elemento essenziale del Mark to Market, nonché dei modelli di “pricing” utilizzati per il relativo calcolo ai sensi e per l’effetto degli artt. 1326 e 1418 c.c.

 

Si chiedeva la condanna della banca alla restituzione di tutte le somme versate a titolo di differenziali di interessi negativi scambiati nel corso del periodo intercorrente tra l’avvio del contratto di I.R.S. e la sua estinzione/cessazione, dei costi e commissioni impliciti dell’I.R.S. e di tutte le somme che il tribunale avesse accertato come non dovute, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Si costituiva in giudizio la banca impugnando e contestando il contenuto dell’atto di citazione.

Il Giudice, in corso di causa, accoglieva la richiesta istruttoria attorea nominando un Consulente Tecnico d’Ufficio che redigeva l’elaborato peritale sul rapporto intrattenuto da parte attrice con l’istituto di credito. La società attrice chiedeva un supplemento di quesito per accertare la natura dei documenti in atti e l’(in)esistenza della forma scritta del contratto.

In materia di contratti in strumenti finanziari derivati, sulla forma convenzionale pattuita dalle parti, citava poi i recenti assesti della Corte di Cassazione.

In tema di intermediazione finanziaria, la forma scritta è prevista dalla legge per il contratto quadro e non anche per i singoli ordini, a meno che non siano state le parti stesse a prevederla per la sua validità ai sensi dell’art. 1352 c.c., assumendo, in tale ultima ipotesi, la finalità di assicurare una maggiore ponderazione da parte dell’investitore, di garantire all’operatore la serietà di quell’ordine e di permettergli una più agevole prova della richiesta ricevuta (…)” (Cass. Civ. del 30 novembre 2017, n. 28816; Cass. civ., sez. I, sent. n. 16053 02-08-2016; Cass. civ., sez. I, sent. n. 3950 del 29-02-2016). La forma concordata non è pertanto a tutela del solo investitore, ma mira a garantire anche l’intermediario. Ne consegue che proprio per tale ragione, la nullità per carenza di forma scritta convenzionale – a differenza della “forma di protezione” di cui all’art. 23 Testo Unico Finanziario – non è una nullità relativa, rimessa al solo cliente investitore, ma è eccepibile anche dalla banca intermediaria. Dunque anche la banca potrebbe contestare la nullità dell’investimento per difetto della forma convenuta tra le parti e preventivamente rifiutarne l’esecuzione: “(…) sicché l’intermediario può legittimamente rifiutare l’esecuzione di un ordine non impartito per iscritto e la nullità dello stesso, per carenza del requisito della forma scritta convenzionale, può essere fatta valere da entrambi i contraenti” (Cass. civ. sez. I, sent. n. 16053 del 02-08-2016).

Ancora, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 8770/2020 nel non accogliere il ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna (presentato dalla banca intermediaria) ha espresso un fondamentale principio di diritto in merito alla natura dei derivati (di copertura e speculativi) e all’oggetto di tali complessi contratti: “In tema di contratti derivati… procedere alla stipula dei primi con qualificati intermediari finanziari nondimeno esso poteva utilmente ed efficacemente procedervi solo in presenza di una precisa misurabilità/determinazione dell’oggetto contrattuale, comprensiva sia del criterio del mark to market sia degli scenari probabilistici, sia dei cd. costi occulti, allo scopo di ridurre al minimo e di rendere consapevole l’ente di ogni aspetto di aleatorietà del rapporto…”.

Il giudice, in sentenza, si è soffermato solo su un motivo di contestazione, già sufficiente per decidere la controversia: la nullità del contratto in derivati, fra l’altro, in considerazione del fatto che lo stesso non contenesse specificazione dei criteri di calcolo del Mark to Market (MtM).

Ritenendo l’eccezione fondata il giudice ha sottolineato, fra l’altro, che “Il Mark to Market, quale sommatoria attualizzata dei differenziali futuri attesi sulla base delle condizioni dell’indice di riferimento al momento della sua quantificazione, ovviamente presuppone il richiamo al tasso di interesse di riferimento, ma necessita altresì di essere sviluppato attraverso un conteggio che, mediante il ricorso a differenti formule matematiche, consenta di procedere all’attualizzazione dello sviluppo prognostico del contratto sulla base dello scenario esistente al momento del calcolo dell’MtM.

Precisato, quindi, che per definizione il Mark to Market non possa essere pattuito in modo determinato, trattandosi di un valore destinato necessariamente a mutare a seconda del momento del suo calcolo e dello scenario di riferimento di volta in volta esistente, perché possa sostenersi che esso sia quanto meno determinabile è comunque necessario che sia esplicitata la formula matematica alla quale le parti intendano fare riferimento per procedere all’attualizzazione dei flussi finanziari futuri attendibili in forza dello scenario esistente.

(..)

In difetto, quindi, di esplicitazione del criterio di calcolo dell’MtM, il valore negativo attribuito dalla banca risulta sostanzialmente non verificabile e, quindi, rimesso alla rilevazione arbitraria di una delle parti del contratto.

Tale contesto, pertanto, porta a escludere che nel contratto in esame il Mark to Market fosse determinabile.

Si tratta (..) di verificare se l’MtM sia o no un elemento essenziale del contratto in derivati, con l’effetto che, in caso positivo, la nullità della relativa clausola si estenda all’intero contratto ex art. 1418 c.c.

(..) l’MtM è una particolare espressione dell’oggetto del contratto, destinata a operare con riferimento ad alcune vicende contrattuali dalle parti predeterminate (ossia la scelta di una di esse di dare chiusura anticipata al rapporto, piuttosto che altri casi di necessaria interruzione anticipata, come ad esempio i casi di ammissione a procedure concorsuali della cliente o a procedura di liquidazione coatta della banca). (..) Ciò appare indirettamente confermato dallo stesso legislatore, là dove all’art. 2427 bis c.c. ha previsto che le società debbano in bilancio indicare il fair value del contratto derivato, cioè il valore in sé del contratto (ossia l’MtM); tale previsione normativa, infatti, conferma come il Mark to Market, lungi dal configurarsi solo come elemento eventuale del contratto, sia piuttosto una componente necessaria del suo oggetto, tanto da dover essere esplicitata in sede di bilancio.

Se così è, quindi, dovendo l’oggetto del contratto e, quindi, tutte le sue componenti, essere determinate o quanto meno determinabili, pena la nullità del contratto stesso, sarà necessario che nel regolamento contrattuale venga indicato il metodo di calcolo di tale valore; in difetto, risolvendosi la quantificazione dell’MtM in una determinazione di una delle parti (la banca), non verificabile dall’altra, deve concludersi come esso non risulti determinabile, implicando la nullità dell’intero contratto ex art. 1418 c.c.

Nonostante sia stata dichiarata la nullità del rapporto la quale, come noto, è ab origine, il giudice ha condannato la banca alla sola restituzione degli importi di differenziali maturati fino alla domanda giudiziale, facendo implicitamente intendere che le ulteriori somme medio tempore corrisposte dal cliente possano essere rivendicate in separato giudizio.

In conclusione in ogni caso, in accoglimento delle domande proposte dalla società attrice difesa dagli Avvocati Monica Pagano e Matteo Marini ha dichiarato nullo il contratto in derivati inter partes e, per l’effetto, ha condannato la banca convenuta a restituire all’attrice la somma complessiva di euro 271.697,14, oltre interessi secondo il tasso legale dalla domanda al saldo.

Un risultato che ci riempie di orgoglio.


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