Studio Legale Pagano & Partners

Tribunale di Torino: il c/c della s.a.s. attrice viene rielaborato a favore di parte attrice a seguito della Consulenza Tecnica d’Ufficio

Il Giudice dichiara che il saldo del c/c era a debito della correntista ma per una somma inferiore di circa 1/5

È dello scorso aprile 2020 la sentenza emessa in materia bancaria a favore della società difesa dallo Studio Pagano & Partners.

Nel caso di specie, la società agiva in giudizio nei confronti dell’istituto di credito chiedendo la rielaborazione e la rettifica del saldo dare-avere del c/c acceso nel 1996. A fondamento della domanda, dopo aver commissionato una perizia di parte, deduceva l’illegittimità di addebiti in c/c a titolo di interessi, CMS e spese non pattuite per iscritto, l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, in violazione dell’art. 1283 c.c. e infine l’illegittimità dell’usura, sia oggettiva che soggettiva.

La causa veniva istruita tramite CTU contabile, avendo accolto il Giudice la richiesta attorea.

La sentenza, sulla base delle risultanze peritali, così dispone: Saldo dare-avere. Il saldo di c/c risultante dall’estratto banca ultimo prodotto (..) risulta a debito della società attrice per € 20.823,18 mentre a seguito della rielaborazione risulta tuttora a debito della cliente, ma per la minore somma di € 4.711,99”.

In materia bancaria e nei relativi giudizi la CTU si rivela, in tutti i casi, lo strumento più importante di ausilio per il Giudice al fine di verificare ed eventualmente confermare le perizie di parte attrice.

Alcuni temi meritano di essere approfonditi.

I difensori della società, Avv.ti Pagano e Marini, evidenziavano fra l’altro, nel caso di specie, l’illegittimità degli addebiti anatocistici incassati dalla banca la quale non comunicava correttamente alla correntista l’adeguamento della Delibera CICR del 09.02.2000, la quale prevede espressamente: “di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000”. Ne derivava pertanto la richiesta di “depurazione dal conto”, per tutto il rapporto contrattuale, dell’applicazione di interessi anatocistici comprendendo anche il periodo post L. 147/13 che ha abrogato l’anatocismo a partire dal 01/01/2014 la cui normativa ha carattere precettivo con la conseguenza che la banca doveva sin dall’entrata in vigore a non applicare la modalità di capitalizzazione modulata con Delibera CICR del 2000.

Il Giudice sul punto argomenta così: “È noto che l’art. 25 comma 3 d. lgs. 4.8.1999 n. 342 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per eccesso di delega, e rimosso dall’ordinamento con efficacia ex tunc con sentenza Corte cost. 17.10.2000 n. 425. L’anatocismo trimestrale, nullo ai sensi dell’art. 1283 c.c., resta perciò nullo malgrado la legge di sanatoria n. 342/99 e non può fungere da legittimo termine di paragone della modifica adeguatrice ai sensi dell’art. 7 cit. Esclusa la facoltà della banca di addebitare interessi su interessi fino al 30.6.2000, l’introduzione ex novo del meccanismo di capitalizzazione, su base di pari periodicità ma con certa e prevedibile disparità nei tassi creditori e debitori, rappresenta un intuitivo peggioramento delle condizioni contrattuali ed esige specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 7 comma 3, come prevede in

via generale l’art. 6 per i nuovi contratti (in termini vedi ora Cass. 21.10.2019 n. 26779; Cass. 17.2.2020 n. 3861). Nella specie, il contratto di affidamento 26.2.2001 (doc. 6 conv.) non prevede la chiusura trimestrale dei conti creditori e pertanto non soddisfa la prima delle condizioni. La modifica del contratto di c/c 22.3.2006 (doc. 7) prevede bensì, tra le condizioni economiche, l’indicazione dei tassi debitori e creditori, sia nominali sia effettivi, e la pari periodicità trimestrale di liquidazione delle competenze, ma non contiene alcuna specifica approvazione per iscritto della clausola.

In tema CMS e altre spese negli scritti difensivi i legali ribadivano l’indeterminatezza della clausola della CMS pattuita nei contratti di affidamento in quanto mancanti dei criteri essenziali per renderla ben determinata e trovare la legittima applicazione. Si evidenziava in particolare come il contratto di accensione del conto corrente acceso nel 1996 non vedesse pattuite le condizioni economiche regolanti il rapporto bancario (tassi, spese, commissioni e valute) in dispregio dell’art. 117 TUB. Si chiedeva pertanto al Giudice che il CTU conteggiasse ed espungesse dal saldo le poste addebitate in assenza di regolare pattuizione.

La sentenza: “La contestazione dell’attrice riguarda l’indeterminatezza della c.m.s. ai sensi dell’art. 1346 c.c. L’eccezione è fondata.”

Un sentenza che – per le contestazioni avanzate nella causa riguardanti le anomalie bancarie del rapporto di c/c – ha ridotto notevolmente il debito della società che ammontava a oltre € 20.000,00 ed è divenuto di € 4.711,99.

 

Trovate in allegato la sentenza.


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