In seguito al passaggio delle c.d. “good bank” delle Banche Venete ad Intesa Sanpaolo, i due noti Istituti di Credito si trovano ad affrontare una situazione simile al fallimento, o meglio si parla di liquidazione coatta amministrativa.
Tale situazione, rappresenta un’ulteriore ostacolo per tutti coloro che, in passato, hanno investito in Veneto Banca e Popolare di Vicenza: infatti, tali soggetti non potranno più presentare ricorso per ottenere un risarcimento.
L’unica soluzione prospettabile per gli ex risparmiatori, è quella di chiedere all’organo competente, di essere ammessi al passivo, ricordando che, gli azionisti di una S.p.a. sono equiparabili ai creditori chirografi, perciò in coda rispetto a tutti gli altri creditori, definiti “privilegiati”.
A dire il vero, tale richiesta, troverà un riscontro positivo solamente in seguito al soddisfacimento di tutti i creditori privilegiati (ad es. lo Stato). Nello specifico, tutti i contenziosi dei soci ex popolari sono in capo alla società in liquidazione (c.d. “bad bank”), come espressamente previsto dal Decreto Legge n. 99 del 25.06.2017, il quale ha stabilito la messa in liquidazione delle due Banche, il quale reca “disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.a. e di Veneto Banca S.p.a.”.
L’insinuazione al passivo, può avvenire mediante presentazione della relativa domanda, personalmente o a cure del legale, trasmessa per mezzo della posta elettronica certificata dei curatori fallimentari. A dire il vero, tale richiesta può essere respinta, ma in questo caso, è prevista un tutela giurisdizionale residua: ovvero la possibilità di presentare ricorso al Presidente del Tribunale sede della Banca, entro il termine di 15 giorni dalla comunicazione del rigetto.
Tutto dipenderà dalla versione definitiva del decreto legge menzionato in precedenza, il quale dovrà essere approvato dal Parlamento. Nel frattempo, c’è già chi ha deciso di agire: questo è il caso di un azionista di Banca Pop. di Vicenza, il quale ha contestato (in apposita causa contro la Banca) la violazione di alcuni principi (legalità e proporzionalità) del decreto in questione.
Pertanto le sorti di tutti coloro che sperano di recuperare i propri risparmi, saranno nelle mani del parlamento, il quale dovrà definire – con estrema precisione – le linee caratterizzanti del decreto n. 99.
Intanto, alcune associazioni, si mostrano solidali nei confronti degli azionisti e obbligazionisti che sperano di ottenere un congruo risarcimento.
È il caso di Confconsumatori, come chiarisce la Presidente Mara Colla: «Confconsumatori, insieme alle altre associazioni, promuoverà a breve proposte tecniche e di politica consumerista che saranno presentate al Ministero ed a Banca Intesa per salvaguardare le ragioni degli oltre 210 mila azionisti e obbligazionisti subordinati che hanno visto bruciare circa 11,2 miliardi di euro dei propri risparmi. I costi di tali proposte saranno di certo inferiori ai costi che deriverebbero dalla sfiducia generalizzata in un sistema finanziario che scarica i propri illeciti e le proprie negligenze ed inefficienze solo sui risparmiatori e sui dipendenti. Inoltre Confconsumatori continuerà a tenere aggiornati i risparmiatori sull’evolversi della vicenda».
Infine, occorre precisare che, vista la complessità dell’intera procedura, è consigliabile fare affidamento ad appositi professionisti, al fine di evitare errori o dimenticanze.