La norma “previgente” del CCII
L’art. 63 co 2-bis del Codice della Crisi e dell’Insolvenza stabilisce che il Tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando
- l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui agli artt. 57, co 1, e 60, co 1 (adesione dei creditori almeno pari al 60% del passivo negli accordi di ristrutturazione dei debiti “ordinari”, e 30% nell’ipotesi di quelli “agevolati”);
- la proposta di soddisfacimento dell’Amministrazione Finanziaria e degli enti previdenziali e assistenziali è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente.
La sospensione della vigente disciplina con l’art. 1-bis, co. 1, del D.L. 69/2023.
Dallo scorso agosto, in sede di conversione del suddetto decreto legge, l’applicazione dell’art. 63 co 2-bis CCII è stata sospesa sino all’entrata in vigore del Decreto Legislativo integrativo o correttivo dello stesso art. 63, coerentemente con gli obiettivi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e con i principi della direttiva europea (UE) 2019/1023.
Il nuovo regime sembrerebbe meno favorevole per il debitore ma analizziamo ogni aspetto.
Secondo l’attuale normativa, il Tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione, anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
- gli accordi non hanno carattere liquidatorio;
- l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui agli artt. 57, co 1, (Accordi di ristrutturazione dei debiti) e 60, co 1, (Accordi di ristrutturazione agevolati) del CCII;
- il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione è pari ad almeno il 25% dell’importo complessivo dei crediti;
- la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione finanziaria o dei predetti enti, tenuto conto delle risultanze della relazione del professionista indipendente, è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria e tale circostanza costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del Tribunale in sede di omologa;
- il soddisfacimento dei crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è almeno pari al 30% dell’ammontare dei rispettivi crediti, sanzioni e interessi inclusi.
Come previsto dall’art. 1-bis, co. 3, del D.L. 69/2023, se l’ammontare complessivo dei crediti vantati dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione è inferiore al 25% dell’importo totale dei crediti, ferme restando le altre condizioni necessarie affinché il Tribunale omologhi, occorrerà che:
– la percentuale di soddisfacimento dei crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie dovrà essere almeno pari al 40% dell’ammontare dei rispettivi crediti, sanzioni e interessi inclusi;
– la dilazione di pagamento richiesta non ecceda il periodo di 10 anni, fermo il pagamento dei relativi interessi di dilazione in base al tasso legale vigente nel corso di tale periodo.
Questo nuovo scenario varrà per le proposte di transazione fiscale e previdenziale depositate, ai sensi dei co. 1 e 2 dell’art. 63 del Codice della Crisi, in data successiva a quella dell’entrata in vigore del decreto 69, quindi dal 12.8.2023, sino all’entrata in vigore del Decreto Legislativo integrativo o correttivo del predetto art. 63.
Apparentemente sembrerebbero disposizioni più sbilanciate a favore dell’amministrazione fiscale e previdenziale a scapito del debitore che dovrà riconoscergli almeno il 30% del credito ma bisogna valutare la portata generale di quanto previsto considerando, ad esempio, l’importanza dello stralcio ma anche quanto sia spesso conveniente evitare le incertezze del concordato.