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I Paradisi fiscali

La locuzione fa ormai parte del linguaggio comune e si riferisce ad uno Stato con un prelievo fiscale basso o nullo in termini di imposta sui redditi e sulle plusvalenze.

Ciò comporta notevoli benefici per chi vi investe capitale e per lo Stato depositario dell’investimento ma altrettanti danni per i contribuenti generalmente considerati e, quindi, per lo Stato cui appartiene il titolare del reddito.

L’obiettivo principale di ogni paradiso fiscale è quello di attrarre investimenti così come chi decide di investirci lo fa allo scopo principale di evitare la tassazione dei propri redditi o, quantomeno, di ridurla grandemente.

La politica fiscale perseguita dai paradisi fiscali è classificata, in ambito internazionale, come concorrenza fiscale dannosa.

In poche parole, paradiso fiscale è sinonimo di evasione fiscale data dall’erosione della base imponibile a seguito di comportamenti di competizione fiscale sleali.

l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) quattro criteri per classificare uno Stato quale paradiso fiscale:

  • aliquote fiscali molto basse o pari a zero;
  • mancanza di uno scambio di informazioni efficace con gli altri Paesi;
  • mancanza di trasparenza legislativa;
  • assenza di valide ragioni a fondamento dell’investimento.

Inoltre, ogni paradiso fiscale è classificabile in base al grado di agevolazione della fiscalità:

  • pure tax havens sono quei Paesi dove non esistono tasse o imposte sul reddito;
  • no tax on foreign income havens, Paesi nei quali l’esenzione riguarda i proventi derivanti da produzioni estere e beni destinati all’esportazione;
  • low tax havens sono i Paesi con un basso onere fiscale;
  • special tax heavens sono territori a tassazione normale dove sono previste agevolazioni o esenzioni per alcune tipologie reddituali.

Vediamo più nel dettaglio gli effetti provocati sul gettito pubblico.

Al 2020, dei 427 miliardi di dollari annui in tasse sottratte al Fisco, 245 miliardi di dollari sono attribuibili alle pratiche elusive realizzate dalle corporation, mentre le tasse sottratte al Fisco dai privati raggiungono i 182 miliardi.

Per l’Europa la perdita di gettito ammonta a 184 miliardi.

Ogni anno il nostro Paese perde 10 miliardi di euro di gettito fiscale a causa delle ricchezze che nascoste nei paradisi fiscali. Le multinazionali sottraggono al fisco italiano 7,4 miliardi di euro, gli individui che non dichiarano asset o spostano altrove i loro redditi altri 2,5 miliardi di euro.

Il primo “rifugio” fiscale è rappresentato dalle Isole Cayman, che da sole attirano il 16,5% dei flussi, circa 70 miliardi di dollari. Seguono Gran Bretagna (9,3%, circa 42 miliardi), Paesi Bassi (8,5%), Lussemburgo (6,5%) e Stati Uniti (5,5%).

I paradisi fiscali sono una realtà esistente e incisiva sulla politica monetaria statale. Combattere l’evasione fiscale senza occuparsi degli spostamenti di capitale in Paesi a tassazione nulla o ridotta, sembra dar vita ad una politica più ipocrita che pratica.

Le conseguenze sono gravose per l’intera società e a beneficiarne è una piccola parte della popolazione, spesso molto più ricca della restante maggioranza.

 

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