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IL MINING DI CRIPTOVALUTE

Fare mining  di criptovalute non significa soltanto generare criptomonete, ma anche e soprattutto convalidare le transazioni in moneta virtuale. Il mining di criptovalute è un processo di calcolo decentralizzato per elaborare, proteggere, verificare e sincronizzare tutte le transazioni relative alle criptovalute.

In parole più semplici, ogni transazione in criptomoneta deve essere convalidata così da valere per tutta la rete. Per fare questo ci si avvale del c.d. processo di mining.

Vediamo, nello specifico, come si sviluppa.

Partiamo da una prima grande distinzione: i metodi di validazione delle transazioni digitali sono denominati proof of work proof of stake a seconda del procedimento seguito.

Proof of work

Dato che la principale criptomoneta in circolazione – il bitcoin – si avvale del metodo denominato proof of work, partiamo ad analizzare proprio questo.

I miners sono coloro che convalidano un blocco di transazioni ricevendo in compenso una determinata somma di bitcoin. Si tratta di una sorta di gara, dato che la ricompensa spetta soltanto al primo validatore del blocco, il quale, oltre a padroneggiare specifiche competenze informatiche, dev’essere dotato di una sempre più ingente quantità di risorse finanziarie. Per giungere al risultato, infatti, sono richiesti ingenti investimenti, in quanto la validazione del blocco dipende dalla potenza di calcolo impiegata. Il processo è subordinato tanto dal valore dei processori, quanto dall’investimento in termini di costo dell’elettricità che si intende sostenere.

E’ quindi per efficientare al massimo il processo di validazione che molti miners hanno dato vita a veri e propri pool (gruppi di persone) che mettono in comune le strumentazioni necessarie.

Criticità del proof of work

Già da queste prime affermazioni si intuisce come il mining di bitcoin, il proof of work, sia caratterizzato da una serie di criticità non indifferenti:

–      Il costo ingente della strumentazione. Le spese iniziali necessarie per mettere in piedi la propria attività di mining sono quasi proibitive, dato che soltanto l’hardware costa qualche migliaio di dollari. A ciò va aggiunto che il proliferare dei miners complica sempre di più il procedimento di validazione dei blocchi, comportando sempre maggiori investimenti per l’acquisto dei calcolatori più potenti e competitivi.

–      I costi energivori spropositati. Si stima che il mining di bitcoin assorba più elettricità di quella utilizzata in tutta la Finlandia. Per questo questo i miners operano in Paesi nei quali l’elettricità costa di meno; cosa che spesso “va a braccetto” con attrezzature obsolete, che finiscono per amplificare il problema ambientale.

–      Danni ambientali. E’ chiaro che un utilizzo sproporzionato e sregolato di energia elettrica abbia serie ripercussioni sull’intero ambiente circostante. Basti solo fare l’esempio delle cascate del Niagara, da qualche anno diventate un importante nido di mining, proprio in ragione degli esigui costi energetici. Gli abitanti della vicina Niagara Falls, però, protestano contro il “ronzio” prodotto dall’attività di mining, che si aggiunge in maniera innaturale al suono delle cascate.

Detto questo, la Commissione europea ha già preso posizione sulla materia, ritenendo giusto imporre uno stop al cripto mining qualora subentri una crisi energetica. Vale la pena tuttavia far presente che l’Europa rappresenta soltanto il 10% del mining a livello mondiale, motivo per cui forse l’impatto di un suo stop sul sistema energivoro sarebbe relativo. Del resto non tutti i miners si avvalgono della stessa energia, in quanto, ad esempio, negli Stati Uniti il 50% delle fonti produttrici di mining sono rinnovabili.

Proof of stake

Passando al c.d. proof of stake, è uno strumento che offre maggiore democraticità, decentralizzazione e scalabilità del cugino proof of work, oltre che un minore dispendio energetico.

Per proof of stake si intende un procedimento di validazione dei blocchi randomizzato e garantito dal deposito di criptovalute di proprietà del validator. Più semplicemente ciò vuol dire che la validazione di un blocco dipende in primo luogo dalla quantità di criptomoneta depositata in garanzia dal validator e, in secondo luogo, dal caso, dato che la randomizzazione comporta che il validator di un blocco sia diverso dal validator del blocco successivo.

Benefici del proof of stake

Ciò detto, analizziamo ogni singolo beneficio:

–      Sostenibilità economica e ambientale. I costi non sono nemmeno paragonabili a quelli del procedimento proof of stake; così come l’impatto ambientale, quasi azzerato per mezzo del proof of stake;

–      Le operazioni fraudolente sono disincentivate dai depositi posti in garanzia, in quanto nel momento in cui vengono riscontrate il validator perde parte del deposito stesso;

–      La componente randomica della validazione dei blocchi disincentiva lo strapotere dei ricchi. Il validator viene scelto non solo in base alla quantità di criptomoneta depositata in garanzia ma anche sulla base di una componente randomica, che livella l’uguaglianza sostanziale degli aspiranti validators;

–      La validazione quasi istantanea dei blocchi permette di impiegare le criptovalute per acquisti al dettaglio o pagamenti in tempo reale;

–      Versatilità del meccanismo, che si adatta facilmente alle necessità degli utenti.

Investire in cripto attività, l’abbiamo già detto, ma lo ripetiamo, non significa soltanto speculare; anzi, la speculazione è l’ultimo obiettivo di un buon investitore in cripto.

Il cripto investimento può riguardare anche direttamente il processo di mining delle criptovalute. Per questo motivo è utile conoscere le dinamiche che lo muovono, ma non solo. Avere coscienza del metodo di validazione dei blocchi di una blockchain è un elemento imprescindibile per chiunque intenda affacciarsi con coscienza sul mondo crypto. Scegliere se investire in una criptovaluta che generi e convalidi i propri blocchi per mezzo del metodo proof of stake, piuttosto che proof of work è una delle questioni fondamentali a cui prestare attenzione.

E’ vero che la più longeva criptovaluta (il bitcoin) si avvale del metodo che pare più sconveniente per fare mining di criptomoneta, ma questo non significa che all’investitore convenga sicuramente puntare su criptomonete aperte al metodo di validazione proof of stake. Certo, però, vale la pena tenere monitorati anche queste tipologie di progetti.

Anche perché sarà della prossima primavera l’adozione di un regolamento comunitario (MiCA), che regolerà il comparto delle cripto attività. E, si sa, la regolamentazione, a maggior ragione se composta a livello comunitario, è votata alla lungimiranza. Allora, forse, è ragionevole attendersi che il processo regolatorio incentiverà la creazione di progetti fondati sul modello proof of stake, piuttosto che proof of work, in ragione della maggiore sostenibilità ambientale ed economica.

Ethereum, per esempio, è una piattaforma blockchain che funziona per proof of work, ma che sta lavorando su di un nuovo aggiornamento che la convertirà in una proof of stake. Bitcoin, invece, non sembra lavorare in questa direzione.

L’imperativo, ad ogni modo, rimane uno: formarsi ed informarsi finanziariamente; sarà l’educazione che ne deriva a prendere le decisioni più giuste.

 

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