La vicenda. Il debitore esecutato, innanzi all’ ufficiale giudiziario che stava tentando un pignoramento mobiliare, ometteva di rispondere all’ invito a presentarsi presso l’ufficio notifiche esecuzioni e protesti, nel termine di 15 giorni, per indicare gli ulteriori beni pignorabili (come previsto dall’ art. 492, co 4, c.p.c.). Per tale motivo veniva dichiarata la sua responsabilità penale per la mancata esecuzione del provvedimento dell’autorità (art. 388 c.p.).
Ricorrendo alla Corte di Cassazione l’imputato – debitore affermava che, poiché oggetto della dichiarazione erano esclusivamente i beni pignorabili, essendone privo, non era obbligato a farla.
Gli Ermellini respingevano tale impostazione difensiva, tracciando importanti principi, fra cui:
- la dichiarazione del debitore deve essere effettuata in ogni caso, anche laddove non vi siano ulteriori beni pignorabili;
- l’art. 388, co 8 c.p. prevede una sanzione penale nell’ipotesi di mancata collaborazione del debitore;
- l’invito può essere rivolto dall’ufficiale giudiziario in qualsiasi momento dell’esecuzione e può riguardare qualunque tipo di bene pignorabile;
- a sua volta, la dichiarazione del debitore esecutato deve ricomprendere tutti i crediti di cui lo stesso si ritenga titolare.
Se ne ricava che, tanto l’omessa cooperazione finalizzata a rendere più arduo il compito del creditore procedente quanto la mendace dichiarazione (di non possedere altri beni utilmente pignorabili, onde indurre il creditore ad abbandonare i propri sforzi), offendono l’interesse di colui che ha promosso l’esecuzione e intende veder soddisfatto il proprio credito.
Pertanto il debitore esecutato è obbligato a collaborare con il suo creditore.