Studio Legale Pagano & Partners

Il sovraindebitamento per circa 300mila euro di un ex imprenditore risolto grazie alla Legge 3/2012

Il Tribunale di Lodi apre la procedura liquidatoria

La sua situazione di sovraindebitamento deriva dall’avere precedentemente intrapreso un’attività commerciale i cui sfavorevoli esiti hanno impedito di ripianare i debiti contratti per il suo avviamento.

La storia.

Dal 2016, per un anno, lavorava come contabile alle dipendenze di una S.r.l. A fronte di una proposta di miglioramento della sua posizione lavorativa, seppur con maggiori responsabilità, l’uomo aderiva all’offerta fattagli dal titolare di prendere in affitto le due unità negoziali di proprietà della stessa S.r.l. aventi ad oggetto attività di centro estetico e acconciature.

Tale attività veniva inizialmente intrapresa unitamente ad un altro soggetto e veniva costituita una s.n.c., che stipulava il contratto di affitto dei rami d’azienda (della durata di 5 anni) con le due unità negoziali nonché i pertinenti beni strumentali quali gli arredi e lo sfruttamento del marchio. Il canone veniva complessivamente pattuito in circa € 180.000,00 oltre IVA da pagarsi in 60 rate mensili (per ciascuna unità negoziale).

Le rate pattuite, venivano garantite da effetti cambiari consegnati al giorno del rogito, regolarmente bollati e aventi scadenza in progressione allo scadere delle rate di pagamento.

Quindi, per reperire la liquidità necessaria all’avviamento delle attività commerciali, i soci stipulavano un contratto di mutuo chirografario con un istituto di credito e l’uomo (oggi sovraindebitato) sottoscriveva una fidejussione quale ulteriore garanzia.

Inizialmente l’attività, con circa 7 addetti (parrucchieri ed estetisti) generava un fatturato tale da poter sostenere le spese e poter pronosticare un buon margine di guadagno per i due soci una volta ripianati gli investimenti inziali.

Purtroppo dal 2017 iniziava a registrare un significativo calo di attività che rendeva difficoltoso sostenere anche i soli costi fissi d’esercizio.

Per fronteggiare tale situazione di crisi, i soci chiedevano la temporanea sospensione dei canoni di affitto dei rami d’azienda, purtroppo senza successo. Per tale motivo restavano inevasi i tributi man mano richiesti dall’Agenzia delle Entrate.

Per riuscire a pagare gli stipendi ai dipendenti, la società si indebitava ulteriormente stipulando un altro contratto di mutuo chirografario con un istituto di credito. L’uomo rilasciava sempre a garanzia, fidejussione alla banca.

Nonostante gli ingenti sacrifici e il ricorso al credito, il calo di fatturato delle due attività produttive non si arrestava e i due soci, faticavano a onorare l’esposizione debitoria, soprattutto quanto al versamento dell’IVA.

Tale situazione di difficoltà economica, si riverberava anche nei rapporti tra i due soci che decidevano infatti di proseguire ognuno per proprio conto l’affitto dei rami d’azienda.

 

L’uomo oggi sovraindebitato e la S.r.l. risolvevano, nel 2018,  il contratto di affitto dei due rami d’azienda stipulando un nuovo contratto di vendita: l’uomo acquistava uno dei rami d’azienda e i beni strumentali per € 120.000,00 da versarsi in rate mensili.

Al fine di sostenere tale nuova iniziativa commerciale e i costi di inizio attività, richiedeva e otteneva due finanziamenti.

La situazione debitoria si aggravava ulteriormente perché l’uomo doveva continuare ad onorare le cambiali  a mani della S.r.l. con la quale, nel tempo e dopo l’instaurazione di un giudizio, stipulava una transazione.

Gli obblighi derivanti dalla transazione purtroppo però non potevano essere da lui rispettati: nonostante i numerosi tentativi di salvare la sua attività, il lavoro seguitava a decrescere e pur riducendo il personale, la crisi non accennava a trovare soluzione. Ciò portava alla cessazione dell’attività nel 2018.

In prossimità della definitiva chiusura dell’esperienza imprenditoriale l’uomo per fortuna veniva assunto in qualità di dipendente, con qualifica di impiegato contabile dapprima presso una ONLUS e successivamente presso uno studio professionale, ove lavora anche oggi.

 

L’esposizione debitoria, complessivamente pari a circa Euro 300.000,00 annovera tra i creditori principali:

  • la S.r.l.
  • l’Esattoria per le imposte relative alla snc e alla ditta individuale a mezzo delle quali veniva svolta l’attività commerciale;
  • il sistema bancario per il ricorso al credito;
  • i fornitori dell’attività commerciale esercitata nonché gli ex dipendenti;

 

Il cliente si è quindi rivolto allo Studio Pagano & Partners che dopo l’analisi della posizione ha valutato di procedere con la liquidazione del patrimonio (una delle procedure previste dalla Legge 3/2012).

Cosa è una liquidazione?

È possibile accedere a questa procedura prevista dalla Legge 3 del 2012 anche senza essere in possesso di beni mobili/immobili (in questo caso si metterà a disposizione dei creditori ad esempio una provvista mensile derivante dallo stipendio) o avendo solo un reddito esiguo.

Vi si può accedere chiaramente anche nel caso in cui vi siano beni del debitore da liquidare (che siano ad esempio immobili o mobili registrati come le auto).

Il soggetto sovraindebitato, non avendo la possibilità di riuscire a formulare una proposta di rientro per tutti i creditori, prende la decisione di liquidare tutto quello che è il suo patrimonio.

Il debitore quindi cede il proprio patrimonio, destinandolo al pagamento dei suoi debiti. Il vantaggio concreto consiste nel fatto che il patrimonio disponibile è inferiore a tutto il monte debitorio e spesso non è di facile liquidazione e vendita.

Grazie a questa procedura vengono innanzitutto individuati i suoi beni, compreso lo stipendio. Si escludono dalla liquidazione i beni non pignorabili, i crediti necessari per l’alimentazione e il mantenimento nonché gli stipendi, nella misura necessaria al mantenimento del debitore e della sua famiglia.

Il Gestore della Crisi, nominato da un Organismo di Composizione della Crisi, redigerà –d’accordo con l’eventuale professionista designato e con il debitore- una relazione particolareggiata di attestazione che depositerà in Tribunale contenente, tra l’altro, una stima di questi beni, sia mobili che immobili.

Il giudice verificata la correttezza e la fattibilità della procedura emetterà il decreto di apertura della procedura liquidatoria.

L’obiettivo sarà quello di liquidare i beni riuscendo a sanare, almeno in parte, i debiti contratti dal soggetto sovraindebitato.

Tutto il ricavato, infatti, verrà successivamente destinato al pagamento, totale o parziale, dei debiti.

La procedura avrà la durata minima di 4 anni.

Tramite il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio verranno sospese tutte le procedure esecutive pendenti e non potranno esserne iniziate di nuove.

Al termine della procedura il debitore, che avrà in qualche modo “sanato” la situazione derivante da impegni economici (obbligazioni) non rispettati nei confronti di tutti creditori, che si sarà comportato con diligenza, che avrà cooperato con gli organi della procedura, che non avrà omesso altri proventi e non avrà contratto nuovo debito, potrà aspirare ai benefici dell’esdebitazione e liberarsi definitivamente da tutti i debiti avendo nuovamente accesso al credito. L’esdebitazione non è automatica e andrà richiesta al giudice mediante ricorso.

Il fine ultimo delle procedure di sovraindebitamento è infatti l’esdebitazione, la totale liberazione dai debiti con lo stralcio definitivo del residuo (ciò che non si è “ripianato” con la procedura) e la possibilità di avere nuovamente accesso al credito.

 

In questo caso, il cliente mette a disposizione dei creditori:

  • il TFR;
  • una provvista liquida mensile da € 600,00 per un periodo di 5 anni;
  • il ricavato della vendita dell’auto.

 


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