Studio Legale Pagano & Partners

Tribunale di Monza: a beneficiare della L. 3/12 un uomo in difficoltà economiche per gli abusi edilizi nel suo condominio

Avviata l’azione esecutiva da parte della banca la sua casa è andata all’asta

Il cliente dello Studio Pagano & Partners non è sposato e non ha figli. Una storia che ha dell’incredibile infatti l’uomo si è ritrovato in difficoltà economiche solo perchè la ditta costruttrice del condominio in cui viveva non ha rispettato le norme previste in materia urbanistica. 

Attualmente (e di recente) è dipendente, presso una ditta, a tempo indeterminato in qualità di conducente di autotreno e percepisce uno stipendio mensile di poco meno di € 2.000,00 ma prima di trovare questo lavoro e questa stabilità economica l’uomo aveva da sempre svolto lavori saltuari e usufruito della NASPI per 6 mesi.

Il suo stato di indebitamento è stato causato sostanzialmente dalle cospicue spese condominiali che ha dovuto sostenere al fine di sanare gli abusi edilizi posti in essere dalla ditta costruttrice sull’immobile di nuova costruzione, ove era ubicato il suo appartamento. Abusi emersi nel 2012 a seguito di controlli del comune.

In concomitanza con tali spese straordinarie decise dall’assemblea condominiale, il cliente perdeva purtroppo il lavoro e – pur trovando un nuovo impiego – non veniva regolarmente pagato, dovendo ricorrere anche giudizialmente per recuperare il TFR e le ultime mensilità a seguito dell’intervenuto fallimento dell’azienda.

Ancora in quegli anni continuava, come visto, a svolgere lavori saltuari, con contratti a termine e talvolta retribuiti con i voucher ed era costretto a vendere, nel 2014, l’automobile per far fronte alle necessità primarie di sostentamento.

Solo nel 2017 riusciva a comprare un’altra auto, molto modesta, al prezzo di € 500,00.

Nonostante tutte le difficoltà economiche, l’uomo riusciva a fatica, fino al 2015, a pagare le rate del mutuo (contratto nel 2009 per l’acquisto della casa), ma non le spese condominiali.

Il condomino, pertanto, nel 2015 agiva nei suoi confronti per il recupero di tali spese e nel 2018 veniva azionata dall’istituto di credito per le rate di mutuo non pagate, la procedura esecutiva, che portava nel gennaio 2020 all’aggiudicazione dell’immobile per circa € 36.000,00 (cifra emersa in sede di perizia in considerazione delle criticità attinenti alle parti comuni del condominio). L’immobile era stato acquistato per € 100.000,00.

Il cliente si è quindi rivolto allo Studio Pagano & Partners che dopo l’analisi della posizione ha valutato di procedere con la liquidazione del patrimonio (una delle procedure previste dalla Legge 3/2012).

Cosa è una liquidazione?

È possibile accedere a questa procedura prevista dalla Legge 3 del 2012 anche senza essere in possesso di beni mobili/immobili (in questo caso si metterà a disposizione dei creditori ad esempio una provvista mensile derivante dallo stipendio) o avendo solo un reddito esiguo.

Vi si può accedere chiaramente anche nel caso in cui vi siano beni del debitore da liquidare (che siano ad esempio immobili o mobili registrati come le auto).

Il soggetto sovraindebitato, non avendo la possibilità di riuscire a formulare una proposta di rientro per tutti i creditori, prende la decisione di liquidare tutto quello che è il suo patrimonio.

Il debitore quindi cede il proprio patrimonio, destinandolo al pagamento dei suoi debiti. Il vantaggio concreto consiste nel fatto che il patrimonio disponibile è inferiore a tutto il monte debitorio e spesso non è di facile liquidazione e vendita.

Grazie a questa procedura vengono innanzitutto individuati i suoi beni, compreso lo stipendio. Si escludono dalla liquidazione i beni non pignorabili, i crediti necessari per l’alimentazione e il mantenimento nonché gli stipendi, nella misura necessaria al mantenimento del debitore e della sua famiglia.

Il Gestore della Crisi, nominato da un Organismo di Composizione della Crisi, redigerà –d’accordo con l’eventuale professionista designato e con il debitore- una relazione particolareggiata di attestazione che depositerà in Tribunale contenente, tra l’altro, una stima di questi beni, sia mobili che immobili.

Il giudice verificata la correttezza e la fattibilità della procedura emetterà il decreto di apertura della procedura liquidatoria.

L’obiettivo sarà quello di liquidare i beni riuscendo a sanare, almeno in parte, i debiti contratti dal soggetto sovraindebitato.

Tutto il ricavato, infatti, verrà successivamente destinato al pagamento, totale o parziale, dei debiti.

La procedura avrà la durata minima di 4 anni.

Tramite il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio verranno sospese tutte le procedure esecutive pendenti e non potranno esserne iniziate di nuove.

Al termine della procedura il debitore, che avrà in qualche modo “sanato” la situazione derivante da impegni economici (obbligazioni) non rispettati nei confronti di tutti creditori, che si sarà comportato con diligenza, che avrà cooperato con gli organi della procedura, che non avrà omesso altri proventi e non avrà contratto nuovo debito, potrà aspirare ai benefici dell’esdebitazione e liberarsi definitivamente da tutti i debiti avendo nuovamente accesso al credito. L’esdebitazione non è automatica e andrà richiesta al giudice mediante ricorso.

Il fine ultimo delle procedure di sovraindebitamento è infatti l’esdebitazione, la totale liberazione dai debiti con lo stralcio definitivo del residuo (ciò che non si è “ripianato” con la procedura) e la possibilità di avere nuovamente accesso al credito.

 

Con un debito complessivo di oltre € 123.000,00 l’uomo mette a disposizione dei creditori nella procedura liquidatoria di durata quadriennale:

  • il ricavato dalla vendita dell’immobile;
  • una provvista mensile di € 100,00 per tutta la durata della procedura, per un totale di € 4.800,00

Non vengono inclusi nella liquidazione il mobilio di arredo della casa (bene funzionale al sostentamento e al decoro familiare) nè l’autovettura in quanto bene strumentale alla creazione del reddito da lavoro.

 


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