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Il Tribunale di Milano pronuncia la sentenza di apertura della liquidazione controllata

Il Tribunale di Milano pronuncia la sentenza di apertura della liquidazione controllata

Questa storia di debiti riguarda una coppia di coniugi con 5 figli di cui 4 ancora in famiglia mentre il maggiore è ormai economicamente indipendente.

Ad oggi l’uomo e la donna sono lavoratori dipendenti ma fino allo scorso anno lei era disoccupata.

Per comprendere le ragioni del sovraindebitamento della famiglia è necessario fare un passo indietro al 2002 allorquando i coniugi giungevano in Italia dal Perù, loro paese d’origine. Inizialmente l’uomo lavorava come dipendente per una società che si occupa di pulizie ma nel 2004 decideva di avviare l’attività di autotrasportatore. La donna invece negli anni svolgeva lavori saltuari dovendosi occupare della cura dei loro figli nati dal 1998 al 2007.

Non riuscendo ad ottenere la licenza necessaria l’uomo, avviata l’attività, si vedeva purtroppo costretto a lavorare con mezzi non propri presi a noleggio e, quanto ai compensi, fatturava alle aziende per conto delle quali svolgeva l’attività di trasporto merci. 

A causa di multe, incidenti e furti l’attività si rivelava non più redditizia e nel 2008 andava a lavorare per una cooperativa.

L’anno successivo stipulava con la moglie un contratto di mutuo per comprare casa e la banca iscriveva ipoteca. 

pagavano il mutuo soltanto per circa un anno dopodiché la rata diventava per loro insostenibile.

Seguiva quindi un finanziamento e la moglie interveniva quale garante. Prestito richiesto per onorare i debiti contratti durante la pregressa attività di autotrasportatore. 

Nel 2016 una società assumeva l’uomo, ma nel 2017 incombevano su di lui anche i debiti del condominio.

Per risolverli veniva concordato un piano di rientro che prevedeva la cessione del quinto dello stipendio da parte dell’uomo.

Nel 2019, come se non bastasse, emergevano anche problemi di salute e l’uomo subiva un importante intervento chirurgico dovendo rimanere a riposo per alcuni mesi. Tale situazione creava un aggravio del dissesto familiare non più sostenibile.

I debiti accumulati superavano i 700mila euro.

E’ a questo punto che i coniugi decidono di rivolgersi all’Avv. Monica Pagano. A fronte della situazione descritta si opta per una delle procedure di sovraindebitamento disciplinate dal Codice della Crisi: la liquidazione controllata del sovraindebitato ex art. 268 CCII. La procedura, trattandosi di membri conviventi della stessa famiglia con un’origine dell’indebitamento comune, è una procedura di sovraindebitamento familiare.

La Liquidazione controllata del sovraindebitato

Il Codice della crisi riserva la procedura di liquidazione controllata a specifiche categorie. Si tratta del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo e della start up innovativa e ad ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, che si trovi in stato di crisi o di insolvenza.

Sostanzialmente si tratta di una liquidazione giudiziale semplificata che si instaura con ricorso al tribunale competente.

Può essere promossa:

  • dal debitore, ammesso direttamente alla procedura controllata, o per conversione in tutti i casi di risoluzione o revoca della procedura di sovraindebitamento;
  • dai creditori, che possono attivare la procedura direttamente anche in pendenza di procedure esecutive individuali, o per conversione nei casi in cui la procedura di sovraindebitamento sia stata revocata per frode o inadempimento;
  • dal PM, direttamente quando l’insolvenza riguarda un imprenditore minore o per conversione nei casi in cui la procedura di sovraindebitamento sia stata revocata per frode o inadempimento.

Se è lo stesso debitore ad avviare la procedura deve essere assistito dall’Organismo di Composizione della Crisi. Esso predispone una relazione che valuta la completezza e l’attendibilità della documentazione inerente al debitore. La relazione contiene un’analisi della situazione economica, patrimoniale e finanziaria che ha condotto alla crisi o all’insolvenza.

Se il creditore propone domanda nei confronti di un debitore persona fisica, il giudice nega l’apertura della liquidazione controllata se l’OCC, su richiesta del debitore, attesta che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie.

La liquidazione comporta la messa a disposizione di tutti i beni del debitore al fine soddisfare i creditori attraverso la distribuzione delle somme ricavate.

Nella liquidazione entrano anche i beni sopravvenuti al debitore nei quattro anni successivi all’apertura della procedura. E’ fatto salvo quanto necessario per un dignitoso tenore di vita del debitore e della propria famiglia, secondo quanto stabilito dal tribunale.

Con la sentenza di apertura del procedimento il Giudice nomina il liquidatore, che generalmente è l’OCC che ha assistito il debitore nella presentazione della domanda o, in caso di giustificati motivi, lo sceglie nell’elenco dei gestori della crisi.

Il liquidatore giudiziale esercita le azioni di recupero dei crediti, le eventuali azioni revocatorie, aliena i beni e distribuisce il ricavato ai creditori.

L’apertura della procedura comporta il blocco di tutte le procedure esecutive e cautelari; gli eventuali giudizi di cognizione sono, su autorizzazione del giudice, proseguiti dal liquidatore.

Con la chiusura del procedimento di liquidazione controllata, il debitore ottiene di diritto l’esdebitazione.

Qualora la procedura non si sia chiusa entro i tre anni dalla sua apertura, l’esdebitazione può essere pronunciata dal tribunale dietro domanda del debitore.

Nel procedimento in esame viene messo a disposizione dei creditori 

  • l’immobile in comproprietà della coppia del valore di circa 135.000 euro
  • l’auto sottoposta a fermo amministrativo del valore di circa 1.500 euro

A fronte di un debito di oltre 700mila euro l’attivo è poco più di 136mila.

Un grande risultato che permetterà alla famiglia di tornare a sorridere!

 

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