Studio Legale Pagano & Partners

Tribunale di Busto Arsizio – aperta liquidazione del patrimonio formato unicamente da reddito da lavoro

Con il Decreto n. XX/2019 il Tribunale di Busto Arsizio ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione del patrimonio ex L. 03/2012 in favore di un soggetto sovraindebitato, seguito dal nostro studio.

La liquidazione del patrimonio avverrà senza il conferimento di beni immobili, possibilità offerta dalla legge: è infatti possibile anche per chi non ne dispone ricorrere a questo tipo di procedura. Pertanto, a differenza di come talvolta viene sostenuto, l’alternativa liquidatoria costituisce un valido strumento anche in assenza di immobili di proprietà, ed anche se gli attivi disponibili sono costituiti, come nel caso in esame, dai soli redditi da lavoro e dall’eventuale ricavato di un’automobile.

Il ricorrente, lavoratore dipendente assunto in qualità di impiegato, si era trovato nell’impossibilità di far fronte alle obbligazioni assunte a causa dell’avvenuta separazione dalla moglie: la necessità di trovare una nuova abitazione (la casa coniugale era di proprietà della ex moglie) e il contributo al mantenimento della figlia (pari ad €. 250,00 mensili, sempre regolarmente versato) avevano assorbito le risorse economiche disponibili, precedentemente destinate al pagamento delle rate di due finanziamenti richiesti, necessari al sostentamento del nucleo familiare.

Uno dei due finanziamenti era stato concesso dietro la cessione del quinto della busta paga ed è proprio sul punto che la pronuncia del Tribunale è meritevole di particolare considerazione, in quanto conferma l’orientamento giurisprudenziale ormai prevalente: la cessione del quinto non è opponibile alla procedura da sovraindebitamento.

E’, infatti, applicabile alla procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14 ter L. 3/2012 il principio già valido in caso di fallimento del debitore cedente il quinto dello stipendio, per cui la cessione medesima diviene inefficace nei confronti della procedura di composizione della crisi. Il creditore subisce la falcidia al pari degli altri creditori chirografari, in virtù del divieto di inizio o prosecuzione delle procedure esecutive previsto dalla L. 03/2012.

Diversamente, risulterebbe violata la par condicio creditorum di cui all’art. 2741 c.c.: il trasferimento del credito futuro a favore del cessionario-creditore opera solo quando detto credito viene ad esistere, ovverosia quando il cedente-debitore percepisce gli emolumenti. Trattandosi di cessione pro solvendo, il cedente ben può disporre del credito futuro, destinandolo ad una procedura concorsuale universalmente satisfattiva.

Il Decreto in esame definisce chiaramente la natura della liquidazione del patrimonio ed il trattamento delle tipologie dei creditori: “Va precisato che il trattamento retributivo percepito dal debitore deve essere considerato nella sua interezza ai fini del presente procedimento di liquidazione, in quanto il creditore (OMISSIS) non potrà beneficiare – per il periodo successivo al deposito del presente decreto di apertura – dell’efficacia del patto di cessione del quinto dello stipendio (previsto dal finanziamento n. (OMISSIS) in atti). Ed infatti, la liquidazione del patrimonio va annoverata tra le procedure di natura concorsuale, come desumibile dal tenore letterale sia dell’art. 6, comma I (“Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette ne’ assoggettabili a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo…”) sia dell’art. 7 comma II lett. a) richiamato dall’art. 14ter L. 3/2012”. (…) “Si tratta quindi di una procedura “universale” che vede l’intero patrimonio del debitore segregato e destinato alla soddisfazione della massa (e non dei singoli creditori) e che, in quanto tale, è costruita sul principio della par condicio creditorum in forza del quale tutti i creditori devono essere trattati secondo il disposto dell’art. 2741 c.c.”.

I risvolti pratici sono notevoli e si riverberano positivamente sulla stessa accessibilità alla procedura; la busta paga, infatti, ritorna “piena”, con maggiori disponibilità da destinare al soddisfacimento dei creditori e alle necessità di sostentamento.

 

Il cliente si è quindi rivolto allo Studio Pagano & Partners che dopo l’analisi della posizione ha valutato di procedere con la liquidazione del patrimonio (una delle procedure previste dalla Legge 3/2012).

Cosa è una liquidazione?

È possibile accedere a questa procedura prevista dalla Legge 3 del 2012 anche senza essere in possesso di beni mobili/immobili (in questo caso si metterà a disposizione dei creditori ad esempio una provvista mensile derivante dallo stipendio) o avendo solo un reddito esiguo.

Vi si può accedere chiaramente anche nel caso in cui vi siano beni del debitore da liquidare (che siano ad esempio immobili o mobili registrati come le auto).

Il soggetto sovraindebitato, non avendo la possibilità di riuscire a formulare una proposta di rientro per tutti i creditori, prende la decisione di liquidare tutto quello che è il suo patrimonio.

Il debitore quindi cede il proprio patrimonio, destinandolo al pagamento dei suoi debiti. Il vantaggio concreto consiste nel fatto che il patrimonio disponibile è inferiore a tutto il monte debitorio e spesso non è di facile liquidazione e vendita.

Grazie a questa procedura vengono innanzitutto individuati i suoi beni, compreso lo stipendio. Si escludono dalla liquidazione i beni non pignorabili, i crediti necessari per l’alimentazione e il mantenimento nonché gli stipendi, nella misura necessaria al mantenimento del debitore e della sua famiglia.

Il Gestore della Crisi, nominato da un Organismo di Composizione della Crisi, redigerà –d’accordo con l’eventuale professionista designato e con il debitore- una relazione particolareggiata di attestazione che depositerà in Tribunale contenente, tra l’altro, una stima di questi beni, sia mobili che immobili.

Il giudice verificata la correttezza e la fattibilità della procedura emetterà il decreto di apertura della procedura liquidatoria.

L’obiettivo sarà quello di liquidare i beni riuscendo a sanare, almeno in parte, i debiti contratti dal soggetto sovraindebitato.

Tutto il ricavato, infatti, verrà successivamente destinato al pagamento, totale o parziale, dei debiti.

La procedura avrà la durata minima di 4 anni.

Tramite il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio verranno sospese tutte le procedure esecutive pendenti e non potranno esserne iniziate di nuove.

Al termine della procedura il debitore, che avrà in qualche modo “sanato” la situazione derivante da impegni economici (obbligazioni) non rispettati nei confronti di tutti creditori, che si sarà comportato con diligenza, che avrà cooperato con gli organi della procedura, che non avrà omesso altri proventi e non avrà contratto nuovo debito, potrà aspirare ai benefici dell’esdebitazione e liberarsi definitivamente da tutti i debiti avendo nuovamente accesso al credito. L’esdebitazione non è automatica e andrà richiesta al giudice mediante ricorso.

Il fine ultimo delle procedure di sovraindebitamento è infatti l’esdebitazione, la totale liberazione dai debiti con lo stralcio definitivo del residuo (ciò che non si è “ripianato” con la procedura) e la possibilità di avere nuovamente accesso al credito.

 

Il Giudice adito ha fissato in €. 1.200,00 mensili la somma necessaria alle esigenze di vita quotidiana del debitore e della figlia, somma che rimarrà nella piena disponibilità di quest’ultimo, e sulla quale nessun creditore potrà rivalersi. Nello specifico, a fronte di un monte debiti di oltre €. 50.000,00, verranno messi a disposizione:

– circa €. 300,00 mensili per quattro anni, ovverosia l’eccedenza di €. 1.200,00 (€. 14.400,00 complessivi);

– il ricavato della liquidazione di un autoveicolo, dal valore di perizia pari a €. 2.000,00, con vendita posticipata ed eventuale.

 


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