Si è indebitata per l’esito infruttuoso della sua attività e per la fine della relazione con il padre di sua figlia
La cliente dello studio Pagano & Partners vive con la figlia minorenne e beneficia del reddito di cittadinanza.
Poiché la sua casa è stata aggiudicata all’asta presto dovrà trasferirsi con la figlia in altro immobile preso in locazione.
Il suo stato di sovraindebitamento origina dalla chiusura dell’attività commerciale (intrapresa nel 2003 e chiusa – per la crisi economica – nel 2012) e dalla fine della relazione con il padre di sua figlia.
In particolare la cliente costituiva, insieme ad altro socio, una s.n.c. attiva nel commercio al minuto di materiale per ufficio. Nel 2007 l’attività proseguiva nella forma di ditta individuale e la signora in quell’anno contraeva un finanziamento al fine di corrispondere al socio il corrispettivo della cessione delle proprie quote.
L’anno successivo, insieme al compagno e padre della figlia, stipulava un mutuo ipotecario cointestato e acquistava, per la quota di metà ciascuno, la casa dove vivere. Purtroppo la convivenza terminava dopo pochi mesi e l’uomo lasciava il nucleo familiare, sottraendosi anche al contributo di mantenimento della figlia.
La signora si ritrovava da sola a dover affrontare le rate del mutuo e a provvedere al mantenimento.
Nel 2009 decideva quindi di acquistare l’intera proprietà dell’immobile (pagando da sola le spese notarili) e fino al 2013 riusciva regolarmente a pagare le rate del mutuo. Da quell’anno in poi, iniziando ad avere problemi economici e non potendo più far fronte ai debiti contratti per varie aperture di credito, non sottoscriveva altri finanziamenti.
La banca segnalava in ogni caso la posizione a sofferenza dal 2016. La CR riportava da ultimo un debito complessivo di oltre € 43.000,00.
Avviata la procedura esecutiva immobiliare da parte dell’istituto di credito, la casa veniva aggiudicata alla prima asta per circa € 56.000 (era stato stipulato un mutuo di oltre € 200.000 per acquistarla).
Il cliente si è quindi rivolto allo Studio Pagano & Partners che dopo l’analisi della posizione ha valutato di procedere con la liquidazione del patrimonio (una delle procedure previste dalla Legge 3/2012).
Cosa è una liquidazione?
È possibile accedere a questa procedura prevista dalla Legge 3 del 2012 anche senza essere in possesso di beni mobili/immobili (in questo caso si metterà a disposizione dei creditori ad esempio una provvista mensile derivante dallo stipendio) o avendo solo un reddito esiguo.
Vi si può accedere chiaramente anche nel caso in cui vi siano beni del debitore da liquidare (che siano ad esempio immobili o mobili registrati come le auto).
Il soggetto sovraindebitato, non avendo la possibilità di riuscire a formulare una proposta di rientro per tutti i creditori, prende la decisione di liquidare tutto quello che è il suo patrimonio.
Il debitore quindi cede il proprio patrimonio, destinandolo al pagamento dei suoi debiti. Il vantaggio concreto consiste nel fatto che il patrimonio disponibile è inferiore a tutto il monte debitorio e spesso non è di facile liquidazione e vendita.
Grazie a questa procedura vengono innanzitutto individuati i suoi beni, compreso lo stipendio. Si escludono dalla liquidazione i beni non pignorabili, i crediti necessari per l’alimentazione e il mantenimento nonché gli stipendi, nella misura necessaria al mantenimento del debitore e della sua famiglia.
Il Gestore della Crisi, nominato da un Organismo di Composizione della Crisi, redigerà –d’accordo con l’eventuale professionista designato e con il debitore- una relazione particolareggiata di attestazione che depositerà in Tribunale contenente, tra l’altro, una stima di questi beni, sia mobili che immobili.
Il giudice verificata la correttezza e la fattibilità della procedura emetterà il decreto di apertura della procedura liquidatoria.
L’obiettivo sarà quello di liquidare i beni riuscendo a sanare, almeno in parte, i debiti contratti dal soggetto sovraindebitato.
Tutto il ricavato, infatti, verrà successivamente destinato al pagamento, totale o parziale, dei debiti.
La procedura avrà la durata minima di 4 anni.
Tramite il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio verranno sospese tutte le procedure esecutive pendenti e non potranno esserne iniziate di nuove.
Al termine della procedura il debitore, che avrà in qualche modo “sanato” la situazione derivante da impegni economici (obbligazioni) non rispettati nei confronti di tutti creditori, che si sarà comportato con diligenza, che avrà cooperato con gli organi della procedura, che non avrà omesso altri proventi e non avrà contratto nuovo debito, potrà aspirare ai benefici dell’esdebitazione e liberarsi definitivamente da tutti i debiti avendo nuovamente accesso al credito. L’esdebitazione non è automatica e andrà richiesta al giudice mediante ricorso.
Il fine ultimo delle procedure di sovraindebitamento è infatti l’esdebitazione, la totale liberazione dai debiti con lo stralcio definitivo del residuo (ciò che non si è “ripianato” con la procedura) e la possibilità di avere nuovamente accesso al credito.
A fronte di un debito pari ad oltre € 350.000,00 la proposta liquidatoria prevede che la cliente metta a disposizione dei creditori:
- il ricavato della vendita dell’immobile di residenza, aggiudicato;
- qualunque finanza futura , escluse le spese necessarie al sostentamento del nucleo familiare.
E’ importante sottolineare come lo stesso giudice rimarchi l’ammissibilità della domanda di liquidazione proposta, pur in assenza di beni oltre all’immobile aggiudicato anche alla luce della prospettiva di future entrate (nei prossimi 4 anni).
Ma vi è di più. Il giudice guarda oltre e specifica come sarà possibile per la cliente dello studio Pagano all’esito della procedura aspirare ad ottenere l’esdebitazione in conformità allo spirito della legge 3/2012 tesa a garantire una c.d. seconda chance al debitore.
Un provvedimento che alimenta la speranza di tutti quelli che pensano non vi sia una via d’uscita dai debiti!