Un altro successo per l’Avvocato Monica Pagano in materia di sovraindebitamento.
Questa volta si tratta di un uomo e una donna che hanno accumulato ingenti debiti a seguito del fallimento della loro società.
Risiedendo al medesimo indirizzo, pur non essendo una coppia ma solo amici ed ex soci, hanno potuto beneficiare della c.d. procedura familiare.
La prima storia di debiti che colpisce i clienti dello Studio Pagano&Partners risale al 2004, anno in cui interviene la sentenza che dichiara il fallimento della loro società.
Le ragioni sono molteplici: dalla riduzione di liquidità dovuta alla crisi che in quegli anni colpiva il settore delle confezioni, alla “concorrenza cinese”, che proponeva prezzi stracciati e consegne immediate.
I soci, però, in seguito alla pronuncia di fallimento non domandavano allora l’esdebitazione, questo causava il permanere su di loro dei debiti societari contratti.
Da quel momento in poi, uno dei due ex soci onorava regolarmente i debiti, ad eccezione di quelli non soddisfatti con il fallimento. L’altra, invece, ne accumulava di ulteriori, giustificati dalla necessità di sostenere le spese funebri del defunto marito e di venire incontro alle posizioni debitorie del figlio, a cui comprava pure un’autovettura.
Il carico debitorio all’analisi dell’Avvocato Monica Pagano è pari a:
- 280.000 euro, pari alla massa sociale fallimentare rimasta insoddisfatta;
- circa 40.000 euro di debiti contratti successivamente alla chiusura del fallimento;
Un totale debitorio pari a circa 350.000 euro. L’Avvocato Monica Pagano ha valutato la possibilità di ricorrere alla legge 3 del 2012.
Cosa è una liquidazione?
E’ possibile accedere a questa procedura prevista dalla legge 3 del 2012 anche senza essere in possesso di beni mobili/immobili (in questo caso si metterà a disposizione dei creditori ad esempio una provvista mensile derivante dallo stipendio) o avendo solo un reddito esiguo.
Vi si può accedere chiaramente anche nel caso in cui vi siano beni del debitore da liquidare (mobili o immobili).
Il soggetto sovraindebitato, non avendo la possibilità di riuscire a formulare una proposta di rientro per tutti i creditori, prende la decisione di liquidare tutto quello che è il suo patrimonio.
Il debitore quindi cede il proprio patrimonio, destinandolo al pagamento dei suoi debiti. Il vantaggio concreto consiste nel fatto che il patrimonio disponibile è inferiore a tutto il monte debitorio e spesso non è di facile liquidazione e vendita.
Questa procedura permette di individuare i suoi beni, compreso lo stipendio. Si escludono dalla liquidazione i beni non pignorabili, i crediti necessari per l’alimentazione e il mantenimento. Si escludono pure gli stipendi, nella misura necessaria al mantenimento del debitore e della sua famiglia.
Il Gestore della Crisi, nominato da Organismo di Composizione della Crisi, redigerà – d’accordo con l’eventuale professionista designato e con il debitore – una relazione particolareggiata di attestazione che depositerà in Tribunale contenente, tra l’altro, una stima di questi beni, sia mobili che immobili.
Il giudice verificata la correttezza della procedura emetterà il decreto di apertura della procedura liquidatoria.
L’obiettivo sarà quello di liquidare i beni riuscendo a sanare, almeno in parte, i debiti contratti dal soggetto sovraindebitato.
Tutto il ricavato, infatti, verrà successivamente destinato al pagamento, totale o parziale, dei debiti.
La procedura avrà la durata minima di 4 anni.
Il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio sospenderà tutte le procedure esecutive pendenti e non potranno esserne iniziate di nuove.
Al termine della procedura il debitore, che avrà in qualche modo “sanato” la situazione derivante da impegni economici (obbligazioni) non rispettati nei confronti di tutti i creditori, che si sarà comportato con diligenza, che avrà cooperato con gli organi della procedura, che non avrà omesso altri proventi e non avrà contratto nuovo debito, potrà aspirare ai benefici dell’esdebitazione e liberarsi definitivamente da tutti i debiti avendo nuovamente accesso al credito. L’esdebitazione non è automatica e andrà richiesta al giudice mediante ricorso.
Il fine ultimo delle procedure di sovraindebitamento è infatti l’esdebitazione. Essa consiste nella totale liberazione dei debiti con lo stralcio definitivo del residuo (ciò che non si è “ripianato” con la procedura) e la possibilità di avere nuovamente accesso al credito.
Il patrimonio dei debitori consiste in:
- un terreno del valore di circa 25.000 euro;
- un fabbricato del valore di 18.000 euro, attualmente occupato da un parente assistito dagli assistenti sociali;
- due autovetture;
- la pensione di vecchiaia e quella di reversibilità del defunto marito di una degli ex soci (1.600 euro netti)
- Uno stipendio di circa 1.700 euro;
- ⅕ del tfr maturato e maturando del valore di circa 8.000 euro
È opportuno sottolineare, in relazione al provvedimento de quo, che le procedure familiari sono state introdotte con la legge n. 176 del 18.12.2020.
Tale disposizione modifica la legge n. 3/2012, anticipando il c.d. Codice della crisi. In particolare, ai sensi dell’articolo 7 bis “i membri della stessa famiglia possono presentare un’unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un’origine comune”. Trattasi del caso di specie, nel quale i beneficiari della procedura liquidatoria risultano residenti al medesimo indirizzo, seppur compongano due nuclei familiari separati. Ai fini di sottostare alla medesima procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, adducono l’origine comune del sovraindebitamento stesso: la dichiarazione di fallimento della loro società.
Al termine della procedura di liquidazione l’uomo e la donna, qualora siano trascorsi come minimo quattro anni e abbiano mantenuto un comportamento idoneo, potranno beneficiare dell’esdebitazione.
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