Studio Legale Pagano & Partners

Il Tribunale di Roma accoglie parzialmente le richieste di un cliente dello Studio Pagano. Riflessioni sulle anomalie bancarie.

Nel caso di cui si è occupato l’Avvocato Monica Pagano insieme ai suoi collaboratori, la società attrice, cliente dello Studio, conveniva in giudizio un istituto di credito, deducendo anomalie in relazione ad un contratto di conto corrente e chiedendone la condanna alla restituzione delle somme indebitamente percepite e il risarcimento di ogni forma del danno.

In particolare, parte attrice – che aveva stipulato negli anni ’90 il contratto – lamentando l’illegittima applicazione degli interessi ante e post Delibera CICR 2000, deduceva la violazione della L. 108/96 per aver la banca applicato in corso di rapporto tassi usurari. Lamentava, altresì, l’indeterminatezza della pattuizione della commissione di massimo scoperto.

Chiedeva al Giudice, quindi, di accertare la non conformità (e leggibilità) della copia dei contratti prodotti, di accertare la mancata pattuizione della clausola sui tassi ultra-legali (nonché CMS, spese addebitate, valute, ecc.), di accertare l’applicazione di interessi usurari, di pronunciarsi sull’illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi, di verificare la nullità della CMS, rideterminare il dare e avere fra le parti ordinando il ricalcolo senza anatocismo, con esclusione del conteggio degli interessi e del tasso ultralegale e usurario della CMS e della valuta.

L’istituto di credito costituitosi in giudizio impugnava e contestava tutto quanto dedotto chiedendo il rigetto delle domande attoree, in particolare soffermandosi sull’interruzione della prescrizione e sulla pattuizione del fido.

Il Tribunale di Roma, con una, a nostro avviso, discutibile sentenza e sulla base di una CTU contabile non precisa (anche se favorevole all’attore), ha accolto parzialmente le richieste della società attrice.

Riportiamo per intero il P.Q.M.:

Il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa come sopra promossa, disattesa ogni contraria domanda ed eccezione, anche istruttorie, così provvede:

1) in parziale accoglimento delle domande formulate dalla parte attrice, DICHIARA che il saldo finale del c/c, ricalcolato, è pari ad € – 18.997,90 a debito della correntista, anziché pari ad € – 21.808,67 a debito della correntista, come invece risultante dagli estratti conto;

2) DICHIARA integralmente compensate tra tutte le parti del giudizio le spese di lite;

3) PONE le spese di CTU, già liquidate in separato provvedimento, definitivamente a carico di parte attrice e di parte convenuta, in ragione della metà ciascuna”.

Perché riteniamo il provvedimento errato?

Dopo 8 anni di causa, per via dei tempi della Giustizia e della ingente mole di lavoro dei Giudici, riteniamo che l’errata valutazione del Tribunale è stata commessa in punto di capitalizzazione degli interessi, interruzione della prescrizione, mancata pattuizione delle condizioni economiche nel contratto di concessione di fido concesso alla società nostra cliente in corso di rapporto.

Soffermiamoci su questi 3 punti:

CAPITALIZZAZIONE DEGLI INTERESSI

Il Giudice ha ritenuto valida la capitalizzazione degli interessi senza considerare le istruzioni indicate dall’art. 6 della delibera CIRC del 09.02.2000, ossia la mancata informazione scritta del cliente della nuova modalità di conteggio degli interessi. Anche il CTU nella sua relazione aveva verificata la mancata comunicazione al cliente sul nuovo regime di capitalizzazione. Invece, il Tribunale di Roma ha ritenuto corretta l’applicazione della capitalizzazione operata dalla banca senza quindi aver valutato correttamente l’art.6 della delibera. Quindi, il Tribunale non ha neanche tenuto conto in punto di legittimità di capitalizzazione degli interessi il recente orientamento della Corte di Cassazione, secondo il quale occorreva, per il nuovo regime di regolamentazione degli interessi, l’approvazione specifica da parte del correntista.

INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE

Sull’interruzione della prescrizione il Giudice non ha correttamente valutato il documento prodotto dalla difesa attorea, e precisamente la domanda di mediazione idonea ad interrompere la prescrizione. Il Giudice ha errato nel ritenere che l’atto di citazione notificato rappresentasse l’atto interruttivo della prescrizione.

MANCATA PATTUIZIONE DELLE CONDIZIONI ECONOMICHE NEL CONTRATTO DI CONCESSIONE DI FIDO

Da ultimo, il Giudice ha considerato valido il contratto di fido privo di condizioni economiche, ritenendo che vi fosse una connessione funzionale tra il contratto di apertura del conto corrente e il contratto di fido. Invero nella fattispecie il contratto di conto corrente non prevedeva espressamente che le condizioni economiche pattuite potessero essere utilizzate in altre operazioni. Né il contratto di fido stabiliva il rimando delle condizioni economiche al contratto di apertura del conto. Il ragionamento del Giudice è in palese contrasto con la disposizione dell’art. 117 TUB che tutela i clienti imponendo alle Banche la trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i suddetti (Titolo VI TUB). I contratti erano, quindi, privi delle condizioni economiche regolanti il rapporto ai fini della trasparenza bancaria (tasso debitore, cms, tasso di mora, ecc.). Pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare che gli addebiti incassati in relazione all’operazione di fido dovevano essere restituiti o ricalcolati a favore del correntista per la mancanza delle condizioni economiche.

 

Si ritiene, anche alla luce di quanto argomentato, che la sentenza sia erroneamente motivata in più punti e vada riformata dalla Corte d’Appello. Di certo si discute di oltre 10 mila euro di differenza tra la prima e seconda ipotesi del CTU oltre alla valutazione economica degli addebiti incassati dalla banca nel contratto di fido privo di pattuizione.

È già stato dato mandato al nostro Studio per provvedere alle contestazioni nel secondo grado di giudizio.

Per leggere la sentenza