Studio Legale Pagano & Partners

Il giudice del tribunale di Bergamo ritiene (ingiustamente) inammissibile la domanda attorea per carenza dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 C.P.C. se il C/C è aperto.

Per chiarezza e correttezza, lo studio legale Pagano&Partenrs ha deciso di pubblicare anche le sentenze perse. Questa decisione deriva dal fatto che, per diverse ragioni, non sempre le cause vanno a buon fine. Com’è noto, il nostro ordinamento è caratterizzato da più gradi di giudizio, appunto per consentire un eventuale riesame del merito o di legittimità delle decisioni, in particolare in materia di diritto bancario vi sono diversi orientamenti che vengono interpretati dai giudici dei tribunali di merito di primo grado e che portano a diverse interpretazioni e quindi a decisioni spesso contrastanti.

Pertanto, alla luce di quanto appena esposto, in alcune ipotesi riteniamo che non sempre le decisioni degli organi giudicanti siano adeguate, ovviamente sempre a nostro avviso.

Inoltre tale scelta è stata effettuata anche per poter permettere a chiunque (sia coloro che sono competenti del settore, sia coloro che non lo sono) di intervenire per diversi confronti in materia.

Qui di seguito troverete un esempio di causa persa: nel caso di specie, a nostro avviso, il giudice ha – ingiustamente – dichiarato inammissibile la domanda attorea per carenza dei presupposti di cui all’art. 100 c.p.c.

La società attrice, correntista della Banca convenuta, ha posto in discussione alcuni rapporti di conto corrente e contratti di mutuo avvenuti con la stessa. Nello specifico, parte attrice, ha individuato e conseguentemente contestato la presenza di tassi usurari e la violazione dei dettami normativi (L. 108/1996).

Per accertare la presenza di tali anomalie, i ricorrenti hanno, quindi, commissionato delle apposite perizie.

Dall’analisi svolta dal professionista incaricato emerge chiaramente che, in relazione al c/c oggetto di esame, la Banca ha assunto un comportamento irregolare ed anomalo, incorrendo sia nell’ipotesi di usura oggettiva, sia nell’ipotesi di usura soggettiva, per un totale di € 114.078,65.

Anche i contratti di mutuo oggetto della controversia presentano diverse difformità: nel caso di specie tali contratti mostrano carattere di usurarietà per usura sopravvenuta e per tassi usurari pattuiti. Ad esempio, uno di questi prevede un tasso di mora di 12,527%, mentre alla data di stipula del contratto, il tasso soglia era del 12,435%. Pertanto, i mutui de quo vedono pattuiti tassi usurari e diventano così gratuiti ex art. 1815 c.c., secondo comma.

Alla luce delle risultanze peritali, la società assistita dall’Avv. Monica Pagano, chiede al giudice non solo di accertare e dichiarare l’applicazione di interessi usurari e la liberazione dei fideiussori per un’obbligazione futura, ma anche di provvedere alla nomina di un Consulente Tecnico d’Ufficio al fine di confermare le anomalie rilevate nelle perizie e di rideterminare altresì il “dare e avere” tra le parti ordinando il ricalcolo sull’intero rapporto secondo legge.

Ritenuta la causa matura per la decisione, l’organo giudicante si pronuncia a riguardo e, in primo luogo, rigetta la richiesta relativa alla nomina di CTU, non ritenendo necessario l’intervento di un consulente tecnico. In secondo luogo, il Giudice dichiara altresì l’inammissibilità della domanda attorea per carenza dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c.; infatti uno dei c/c oggetto di esame, risulta ancora aperto. Secondo il Giudice, la domanda di parte attrice è volta ad ottenere l’accertamento di un fatto e non di un diritto e pertanto non può essere accolta.

In realtà, però, le domande attoree si basano esclusivamente ad ottenere il ricalcolo dei rapporti dare-avere del conto ancora aperto. Nonostante ciò, il Giudice ritiene opportuno rigettare la richiesta di parte attrice, nello specifico egli ritiene che “non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti che, pur giuridicamente rilevanti, nondimeno costituiscano mere frazioni della fattispecie costitutiva di un diritto, suscettibile di accertamento giudiziario solo nella sua interezza”.

Tuttavia, si ritiene che il cliente abbia interesse ad agire: questo appare evidente da ciò che sostiene non solo la Suprema Corte di Legittimità, ma anche diversi Tribunali di merito.

È la stessa Suprema Corte di Cassazione che prevede, a favore del correntista, la possibilità di accoglimento delle domande volte a far dichiarare la nullità parziale delle singole clausole contrattuali. Infatti, è stata sancita la legittimazione dell’azione di accertamento della nullità di alcune clausole del contratto e, conseguentemente, di accertamento negativo del credito asseritamente vantato dalla Banca” (Cfr. Cass. Civ. n. 798/13).

Quindi, il giudice designato, ha del tutto ignorato la sussistenza di un consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui il correntista, anche in presenza di un conto corrente aperto, può proporre, in via alternativa o cumulativa all’azione ex art. 2033 c.c., un’azione di nullità (amplius di accertamento negativo) intesa ad ottenere:

  1. la dichiarazione di nullità delle clausole contrattuali;
  2. l’accertamento della nullità degli addebiti eseguiti dalla Banca in base a clausola nulla;
  3. il conseguente storno dell’annotazione indebita, con il ricalcolo del rapporto dare-avere (cfr. Tribunale di Torino, sez. VI, sent. N. 7212 13-11-2014).

Alla luce di quanto sopra esposto l’interesse di parte attrice risulta ovvio: secondo la varietà dei casi, infatti, il ricalcolo può implicare un minor debito, un incremento del margine disponibile o il passaggio a credito. Altresì evidente l’esistenza di una contestazione, necessaria per proporre domanda di accertamento: la Banca ha conteggiato a carico del cliente interessi, commissioni e spese indebite e ne rifiuto lo storno, resistendo in giudizio.

In conclusione si ritiene che l’organo giudicante non abbia adeguatamente considerato i suddetti rilievi, nonostante la difesa abbia chiarito come la domanda proposta dall’attrice sia qualificabile come domanda di accertamento.

Inoltre, è di tutta evidenza l’intervento di apposita CTU contabile: infatti, come sottolineato in precedenza, da perizia emerge la presenza di usura oggettiva e soggettiva; oltre a ciò dai documenti in esame, si evince la presenza di tassi usurari pattuiti nei contratti oggetto della controversia.

 Dott.ssa Irene Giorgi                                                         Avv. Monica Pagano


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