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Il Tribunale di Brescia respinge le domande della società attrice, nonostante la pattuizione di un tasso di mora oltre soglia

Una discutibile sentenza di rigetto e condanna pronunciata nei confronti della società attrice difesa dallo Studio Pagano

Nel caso di specie, la società attrice, nella veste di utilizzatrice di un contratto di leasing immobiliare a tasso variabile, conveniva in giudizio una società di leasing, deducendo anomalie in relazione al suddetto contratto.

In particolare, parte attrice deduceva che il tasso di mora pattuito, da solo, superava il tasso soglia previsto alla stipula.

La pattuizione degli interessi (convenzionali e di mora)  oltre soglia rappresenta un vizio contrattuale genetico ed è come tale rilevante sia per la violazione dell’art. 1815 c.c. II comma: “se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti gli interessi” sia per quanto stabilisce la Legge n. 24/01: ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 II comma c.c. si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal loro pagamento”.

Nella fattispecie de qua la società di leasing, a parere della difesa attorea, ha violato la normativa anti-usura contrattualizzando un tasso di mora che sforava il tasso soglia riportato nelle Tabelle della Banca d’Italia.

Il confronto del tasso di mora con il tasso soglia è un argomento ampiamente dibattuto dalla recente giurisprudenza.

Si pensi alle numerose sentenze nelle quali la Corte di Cassazione, sugli articoli 644 c.p. e 1815 c.c. comma 2, si allinea a quanto statuito nella famosa sentenza n. 350/13 che ha stabilito definitivamente il principio per cui tutte le voci debbono essere ricomprese nel calcolo del TEGM, compreso il tasso di mora (ex multis Tribunale di Rovereto, 30/12/2013; Tribunale di Parma del 14.07.2014).

Di recente, la Cassazione Civile con ordinanza n. 5598 del 6.3.2017, ha espresso il principio secondo il quale se il semplice tasso di mora pattuito contrattualmente supera il tasso soglia il mutuatario, in applicazione dell’art. 1815 c.c., non dovrà pagare nessun interesse con il risultato che potrà ripetere gli interessi già pagati e non pagare più interessi sulle rate a scadere del mutuo.

Ancora più di recente, disquisendosi proprio di un contratto di leasing, la Sezione Terza Civile della Cassazione con l’Ordinanza n. 27442 del 2018 ha confermato che se il tasso di mora supera la soglia fissata dalla L. 108/96 si ha usura contrattuale, senza che rilevi la maggiorazione delle Istruzioni Banca d’Italia.

Gli Ermellini enunciano il seguente principio di diritto: “è nullo il patto con il quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all’articolo 2 della Legge 7/3/96 n. 108, relativo al tipo di operazione cui accede il patto di interessi moratori convenzionali”.

Da ciò consegue che sia il tasso corrispettivo che il tasso moratorio sono sottoposti alle medesime norme anti-usura e che esiste un solo tasso soglia usura, valido sia per gli interessi corrispettivi che per gli interessi moratori.

Ancora, la sentenza del 17.10.2019 n. 26286 della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione mostra di condividere la tesi prevalente in giurisprudenza, secondo la quale anche la pattuizione relativa agli interessi di mora sarebbe soggetta alla verifica dell’usura.

A tale ultimo fine bisogna pertanto considerare anche il tasso di mora, singolarmente preso e confrontarlo con il tasso soglia sommando a quest’ultimo il valore medio del tasso di mora (2,1 punti percentuali in più del tasso corrispettivo) maggiorato nella misura prevista dall’art. 2, comma 4, della legge n.108/96.

Il Tribunale di Brescia, aderisce tuttavia ad un opposto orientamento rispetto a quelli riportati e con la sentenza in esame ritiene dapprima specificamente che il dedotto superamento del tasso soglia ad opera degli interessi moratori per come pattuiti in contratto non risulta, tuttavia, aver avuto effetti concreti sul rapporto intercorso tra le parti, stante la regolare esecuzione del contratto e la mancata applicazione e corresponsione degli interessi moratori.

E ancora senza voler entrare nel merito del noto dibattito giurisprudenziale in ordine all’applicabilità o meno agli interessi moratori del tasso soglia ex lege n. 108/1996 al fine della verifica di usurarietà di tale tipologia di onere, giova osservarsi che, anche nell’ipotetico caso in cui la clausola inerente gli interessi moratori fosse ritenuta nulla, l’effetto invalidante dovrebbe comunque rimanere circoscritto a detto onere, non potendo invece estendersi alla pattuizione relativa all’interesse corrispettivo – che nel contratto di leasing risulta inglobato nel canone di locazione finanziaria – la cui validità non è stata, nella specie, posta in discussione sotto il profilo dell’usura.

Ad avviso dell’organo giudicante, pertanto, parte attrice non potrebbe in ogni caso conseguire l’azzeramento dell’interesse corrispettivo domandato in giudizio, bensì esclusivamente la ripetizione di quanto indebitamente versato a titolo di interessi moratori, che nel caso di specie è pari a zero.

Il Giudice, dunque, rigetta la domanda attorea e condanna parte attrice al pagamento delle spese processuali tuttavia, per tutto quanto specificato sopra, si ritiene che la sentenza oggetto di questa analisi sia errata.

Sul tasso di mora è ancora in corso un forte dibattito giurisprudenziale tanto che la prima sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26946/2019, ha sottoposto alle Sezioni unite la questione dell’assoggettabilità degli interessi di mora alla disciplina di contrasto all’usura chiedendo che il massimo collegio, in ipotesi di risposta positiva al quesito, chiarisca anche le modalità del raffronto con il TSU.


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