Studio Legale Pagano & Partners

Il Tribunale di Forlì dichiara l’inammissibilità della proposta di liquidazione del patrimonio. Problematiche su questioni ereditarie

Accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario e successiva rinuncia

A seguito del deposito della proposta liquidatoria e della relazione del Gestore della Crisi nominato, con un provvedimento dello scorso Marzo il Giudice statuiva l’inammissibilità della domanda di liquidazione rilevando che dal ricorso e dalla documentazione si evinceva che la debitrice, legalmente separata dal marito, a seguito del decesso di quest’ultimo dichiarava di accettare l’eredità con beneficio di inventario e che, successivamente, rinunciava all’eredità.

Il Giudice, in particolare, evidenziava l’invalidità della rinuncia all’eredità effettuata dopo una precedente espressa accettazione, ancorché con beneficio d’inventario.

La dichiarazione di accettare l’eredità – secondo l’organo giudicante – sia che venga fatta in modo espresso o tacito, puramente e semplicemente o con beneficio d’inventario, costituisce un atto irrevocabile, per cui un’eventuale successiva rinuncia alla medesima eredità deve considerarsi radicalmente inefficace e priva di qualsiasi effetto.

Una decisione contestabile avverso la quale infatti veniva proposto reclamo ai sensi dell’art. 737 e ss. c.p.c. e artt. 10  e 14 quinquies della L. 3/2012.

In particolare, nel caso di specie, a seguito del decesso del marito, la cliente, nel termine di 3 mesi, accettava con beneficio di inventario l’eredità del defunto facoltà che, come noto, è stata posta dal legislatore a tutela dell’erede al fine di permettergli di evitare di far fronte a parte dei debiti contratti dal defunto quando era in vita.

L’accettazione con il beneficio d’inventario comporta che si ereditino tutti i crediti e i debiti del defunto e che si possano riscuotere tutti i crediti, tuttavia non si è tenuti a pagare debiti o a soddisfare legati che vadano oltre il valore del patrimonio ricevuto.

La donna, quindi, iniziava prontamente e terminava le operazioni necessarie per l’inventario dei beni dovendosi ritenere – differentemente da quanto emerso dal provvedimento – che la stessa fosse erede beneficiaria e non pura e semplice del patrimonio del de cuius.

Solo successivamente, con presentazione della relativa istanza, la donna decideva di rinunciare all’eredità per la quale aveva già terminato l’inventario.

Quindi, pur vero quanto affermato dal giudicante, che alla donna fosse preclusa la possibilità di poter successivamente rinunciare all’eredità, con il reclamo proposto veniva sottolineato che la medesima andava trattata come “erede beneficiata”.

Infatti – ai fini della procedura de qua – l’accettazione con beneficio non modificava il contenuto della proposta liquidatoria: i soli crediti della cliente erano individuabili nella quota di ½ di un immobile. Il restante 50% era intestato al marito defunto.

Per cui, accettando l’eredità “con beneficio di inventario”, l’attivo ricavato dalla vendita del 50% dell’immobile di proprietà del de cuius dovrà essere utilizzato per pagare – pro quota – soltanto i debiti marito defunto.

 

Il cliente si è quindi rivolto allo Studio Pagano & Partners che dopo l’analisi della posizione ha valutato di procedere con la liquidazione del patrimonio (una delle procedure previste dalla Legge 3/2012).

Cosa è una liquidazione?

È possibile accedere a questa procedura prevista dalla Legge 3 del 2012 anche senza essere in possesso di beni mobili/immobili (in questo caso si metterà a disposizione dei creditori ad esempio una provvista mensile derivante dallo stipendio) o avendo solo un reddito esiguo.

Vi si può accedere chiaramente anche nel caso in cui vi siano beni del debitore da liquidare (che siano ad esempio immobili o mobili registrati come le auto).

Il soggetto sovraindebitato, non avendo la possibilità di riuscire a formulare una proposta di rientro per tutti i creditori, prende la decisione di liquidare tutto quello che è il suo patrimonio.

Il debitore quindi cede il proprio patrimonio, destinandolo al pagamento dei suoi debiti. Il vantaggio concreto consiste nel fatto che il patrimonio disponibile è inferiore a tutto il monte debitorio e spesso non è di facile liquidazione e vendita.

Grazie a questa procedura vengono innanzitutto individuati i suoi beni, compreso lo stipendio. Si escludono dalla liquidazione i beni non pignorabili, i crediti necessari per l’alimentazione e il mantenimento nonché gli stipendi, nella misura necessaria al mantenimento del debitore e della sua famiglia.

Il Gestore della Crisi, nominato da un Organismo di Composizione della Crisi, redigerà –d’accordo con l’eventuale professionista designato e con il debitore- una relazione particolareggiata di attestazione che depositerà in Tribunale contenente, tra l’altro, una stima di questi beni, sia mobili che immobili.

Il giudice verificata la correttezza e la fattibilità della procedura emetterà il decreto di apertura della procedura liquidatoria.

L’obiettivo sarà quello di liquidare i beni riuscendo a sanare, almeno in parte, i debiti contratti dal soggetto sovraindebitato.

Tutto il ricavato, infatti, verrà successivamente destinato al pagamento, totale o parziale, dei debiti.

La procedura avrà la durata minima di 4 anni.

Tramite il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio verranno sospese tutte le procedure esecutive pendenti e non potranno esserne iniziate di nuove.

Al termine della procedura il debitore, che avrà in qualche modo “sanato” la situazione derivante da impegni economici (obbligazioni) non rispettati nei confronti di tutti creditori, che si sarà comportato con diligenza, che avrà cooperato con gli organi della procedura, che non avrà omesso altri proventi e non avrà contratto nuovo debito, potrà aspirare ai benefici dell’esdebitazione e liberarsi definitivamente da tutti i debiti avendo nuovamente accesso al credito. L’esdebitazione non è automatica e andrà richiesta al giudice mediante ricorso.

Il fine ultimo delle procedure di sovraindebitamento è infatti l’esdebitazione, la totale liberazione dai debiti con lo stralcio definitivo del residuo (ciò che non si è “ripianato” con la procedura) e la possibilità di avere nuovamente accesso al credito.

 

Viene quindi messo a disposizione dei creditori personali della donna:

  1. la quota di proprietà del 50% dell’immobile;
  2. due apporti di terzi;
  3. una provvista liquida mensile nel caso in cui la donna riesca ad avere un reddito e intanto la quota di 1/9 della NASPI;
  4. il TFR maturato.

Viene messo a disposizione dei creditori del de cuius nei limiti dell’accettazione con beneficio:

  1. la quota di proprietà del defunto del 50% dell’immobile,
  2. una polizza a soddisfazione parziale dei creditori privilegiati.

Con il reclamo si è chiesto quindi al Collegio di  modificare e/o revocare il decreto di inammissibilità emesso dal Tribunale di Forlì e, conseguentemente, dichiarare l’apertura della procedura di liquidazione del patrimonio della reclamante, ordinando la sospensione/interruzione/improcedibilità di tutte le procedure esecutive e cautelari in corso,  nonché disporre che non possano, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive né acquisiti diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori.


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