La società attrice lamentava la presenza di anomalie bancarie nell’ambito del rapporto di c/c acceso negli anni ’80
Dopo aver commissionato una perizia di parte, dalla quale emergevano varie anomalie bancarie, la società attrice si rivolgeva agli Avv.ti Monica Pagano e Matteo Marini e citava in giudizio l’istituto di credito lamentando, in sintesi, l’illegittima applicazione degli interessi ante Delibera 2000 per il conto corrente aperto, deducendo la violazione della L. 108/96 per aver la banca applicato in corso di rapporto tassi usurari e lamentando, altresì, l’indeterminatezza della pattuizione della CMS.
Chiedeva, quindi, la condanna della banca convenuta alla restituzione delle somme indebitamente percepite.
Il Giudice accoglieva, in corso di causa, la richiesta attorea della nomina di un CTU. Tuttavia parte attrice sollevava l’errore commesso dal consulente il quale non aveva esaminato gli estratti conto e scalari relativi ad alcuni anni (documenti prodotti in sede di prima memoria) chiedendo venisse chiamato a chiarimenti.
Il Giudice, nella sentenza de quo, rilevava la tardività della richiesta formulata e statuiva altresì: “Nel merito le domande di parte attrice non sono fondate non possono trovare accoglimento”.
Soffermiamoci su alcuni aspetti di questa discutibile sentenza considerato che già i clienti hanno dato mandato agli Avv.ti Pagano e Marini per difenderli nel giudizio di appello.
Chiarimenti del CTU – La Consulenza Tecnica d’Ufficio
Parte attrice contestava le omissioni in cui è incorso il CTU assumendo un’argomentazione difensiva tecnica e non di carattere tecnico-giuridico e quindi non soggetta ad alcun profilo decadenziale. La documentazione, del resto, era stata acquisita regolarmente in giudizio. Doveva il Giudice accogliere il richiamo del CTU al fine di esaminare gli estratti conto prodotti agli atti del giudizio, alla luce del fatto che nella comparsa conclusionale la parte può formulare nuove ragioni di dissenso e di contestazioni avverso le valutazioni e le conclusioni del CTU, trattandosi di argomenti su fatti già acquisiti alla causa, che non ampliano l’ambito oggettivo della controversia (v. Cass. 22/6/2006, n. 14457; Cass., 10/3/2000, n. 2809).
Ancora sulla CTU il Giudice non è neppure entrato nel merito delle valutazioni e dei risultati della consulenza la quale, per la documentazione analizzata, quantificava invece correttamente le commissioni, le spese non pattuite e gli interessi anatocistici addebitati alla società correntista per € 16.908,00 da considerarsi un dato parziale in relazione all’omessa valutazione commessa dal CTU per gli ulteriori documenti contabili tempestivamente prodotti.
Il Giudice osserva infatti che in mancanza degli estratti conto completi, l’accertamento giudiziale tra il dare e l’avere tra le parti risulterebbe inattendibile siccome necessariamente effettuato attraverso il ricorso a criteri ricostruttivi approssimativi e induttivi, criteri dei quali la migliore giurisprudenza ha escluso la compatibilità con le esigenze di esattezza e certezza matematica necessarie alla sentenza di un giudizio contenzioso come sopra riportato.
Sul punto, in realtà, non esiste nessuna norma che espressamente imponga al CTU l’utilizzo del metodo analitico nel ricalcolo del saldo di un conto corrente e che, dunque, obblighi il medesimo consulente tecnico d’ufficio a basare il procedimento di ricalcolo sugli estratti conto analitici (e non sugli scalari).
Né esiste, ad oggi, un orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte univoco nel senso di imporre al CTU l’utilizzo del metodo analitico di ricalcolo piuttosto che il metodo sintetico. Esistono invero pronunce di merito secondo le quali il metodo sintetico risulta di per sé adeguato a rideterminare il saldo del conto corrente.
Correttamente invece il Giudice avrebbe dovuto considerare la relazione depositata dal CTU immune da vizi logici e riconoscere alla società la restituzione della somma quantificata dal consulente (salvo quanto si è già detto sulle integrazioni peritali).
Trovate la sentenza in allegato.